La vana speme di Mameli

Nel giorno del 152esimo dell’Unità nazionale, mi trovo molto amareggiata nel constatare che all’interno delle istituzioni italiane mancano i fondamentali sentimenti che dovrebbero improntare l’iniziativa di qualsiasi società civile: il rispetto e la collaborazione.


Ieri sono stati eletti, nel pieno del caos seguito all’instabile risultato elettorale, i presidenti delle aule parlamentari di Camera e Senato, rispettivamente l’onorevole Laura Boldrini (di SEL) e il senatore Pietro Grasso (del PD). Indipendentemente dalle simpatie o antipatie politiche, siamo di fronte alla designazione, tramite voto democratico, della terza e seconda carica dello Stato e, se ai cittadini comuni, al bar, in piazza o nel salotto di casa è consentita qualsiasi dichiarazione privata, ai membri del Parlamento è richiesto, per una questione di ottemperanza Costituzionale (ricordo che chi entra a far parte delle istituzioni è tenuto a prestare giuramento alla Carta fondamentale), perlomeno una attestazione di rispetto. Passi che siano mancati gli applausi alle parole di Laura Boldrini; passi la delusione di un partito per aver visto naufragare la speranza di dare continuità ad un’esperienza di governo precedente proponendo al senato la ricandidatura del presidente uscente. Ma, al di là di questo, non è accettabile l’atteggiamento di chi, non proponendo alcun candidato, ha osato criticare l’elezione della Boldrini e puntualizzare sui temi da lei portati alla luce, che, certamente, non potevano essere la totalità delle problematiche del Paese (davvero troppe per poter entrare tutte nel discorso di ringraziamento).
Sinteticamente, queste sono due delle polemiche che ho ascoltato.
La presidente Boldrini appartiene al gruppo alleato del PD, senza il quale il centro-sinistra non avrebbe ottenuto la pur esigua maggioranza parlamentare (contestazione del PDL). Verissimo, ma non è forse prassi comune, in alleanza, offrire ai membri del gruppo cariche e ruoli che sanciscano un’effettiva volontà di collaborazione? Ma allora è voto di scambio? No, o, se lo è, ha riguardato le elezioni in tutto il passato recente della Repubblica: la presidente Pivetti, eletta nel 1994, apparteneva alla Lega Nord, alleata di Forza Italia; il presidente Fini, eletto nel 2007, afferiva al gruppo AN, confluito nel PDL. Cosa cambierebbe ora? Seconda puntualizzazione: gridare alla strategia di scambio all’interno di un partito il cui presidente è indagato proprio per questo genere di reato e per corruzione di parlamentari mi sembra a dir poco ipocrita, quantomeno fuori luogo.
Laura Boldrini non ha parlato, nel suo discorso, di famiglia. Effettivamente la presidente non ha pronunciato questa specifica parola, ma ha parlato di violenze sulle donne, di pensioni, di crisi occupazionale, di realizzare un cambiamento della politica che chiedono «tutti gli Italiani, soprattutto i nostri figli» (cit.). Tutto questo non riguarda le famiglie, non è forse preoccupazione di tutti i cittadini?
In merito alla critica dell’elezione di un presidente di centro-sinistra, ritengo che la mancanza di candidati alternativi da parte di tutte le altre forze politiche, dovrebbe, da sola, mettere a tacere le polemiche: come si può contestare un voto in mancanza di concorrenti, di fronte alla totale ignavia di chi non ha avanzato una proposta? La strategia del «lavarsene le mani» alla Ponzio Pilato non ammette una critica in retrospettiva, poiché colui che si astiene e sospende il proprio giudizio non ha il diritto di dire agli altri come usare il proprio voto e il proprio pensiero. Mi permetto di liquidare la questione con le parole di uno che la sapeva di certo più lunga di me.
«Ed elli a me: ‘Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli’.
E io: ‘Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?’.
Rispuose: ‘Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa’»
(Dante, Inferno III, 31-51)
Quanto all’elezione del presidente del Senato della Repubblica, le polemiche non sono meno gravi. Una figura del tenore di Pietro Grasso, magistrato in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata (era giudice a latere nel maxiprocesso del 1986-87) e, fino all’elezione, Procuratore nazionale anti-mafia, non merita di essere criticato e contestato per essersi schierato con una determinata forza politica, poiché incarna dei valori che dovrebbero essere universali e comuni a tutti gli schieramenti. Il suo discorso, d’altronde, ha toccato i temi dell’ordine pubblico e della lotta alle mafie, dell’istruzione e dei rapporti fra i Paesi europei: mi sembra che i contenuti siano indiscutibili e intoccabili.
Vediamo le polemiche sulla sua elezione.
Beppe Grillo ha criticato la scelta di alcuni senatori del Movimento 5 stelle di votare per Grasso perché appartenente ad un gruppo che rappresenta la ‘vecchia politica’. A prescindere dal fatto che Pietro Grasso è alla sua prima esperienza parlamentare e che ciascuno è liberissimo di guardare con questa o quella disposizione d’animo ai partiti avversari, come ho già scritto, il presidente del Senato incarna un modo di vivere, agire, pensare e lavorare che qualsiasi cittadino e rappresentante del Popolo dovrebbe condividere. Ritengo, inoltre, che l’ostracismo di membri del proprio partito che la campagna elettorale presentava come simboli del cambiamento, della speranza e della competenza sia contraddittorio: un voto dato ad un magistrato che lotta contro quella cancrena che M5S stesso vuole estirpare è una negazione del cambiamento e della buona volontà? Io ritengo che, piuttosto, sia un segno di apertura, collaborazione e fiducia nei valori che il movimento diceva di voler portare nell’assemblea. D’altronde, non si fa politica a colpi di dissenso, occorre, di tanto in tanto, per rispetto dei propri elettori e dei cittadini che hanno espresso in altro modo il loro voto, essere propositivi, aperti al dialogo e assolutamente privi di paraocchi che impediscano di vedere le possibilità di incontro e i valori sani. Il PDL, dal canto suo, non ha perso l’occasione per far notare la non appropriatezza dell’elezione di due presidenti di centro-sinistra, come se, durante la precedente legislatura, la seconda e la terza carica dello Stato appartenessero a due coalizioni differenti. Mi chiedo, inoltre, se fosse auspicabile una rappresentanza afferente ad un gruppo che contesta quotidianamente, per un intollerabile personalismo, l’operato della Magistratura, che – ricordo – rappresenta uno dei tre poteri dello Stato, un potere che non deve in alcun modo essere soggiogato, minacciato delegittimato dai rappresentanti degli altri due. Va comunque detto che, grazie a questa elezione, i ciechi sono tornati a vedere e a parlare: suggerisco che la prossima votazione avvenga nel tribunale di Milano.
Non si pensi che questo sia un post politico: non intendo prendere posizione in favore del centro-sinistra e dei suoi eletti: per i pareri elettorali esistono le urne, e questo mi basta. Voglio solo sottolineare lo scandalo di vedere il disgusto di certa parte del Parlamento (io ho citato le voci di dissenso, ma non escludo, anzi, voglio sperare che negli stessi gruppi in cui è stata fomentata la polemica vi siano state anche manifestazioni di serietà) per le Istituzioni che sono chiamate a rappresentare i cittadini. É assurdo che forze politicamente avversarie si rifiutino per pura cecità o per manie di protagonismo di collaborare e di cercare i punti (forse pochi, ma comunque presenti, come la riforma della Legge elettorale o la modifica delle norme sul finanziamento ai partiti) che potrebbero invece unirle e produrre qualcosa di buono per il Paese.
Ma, anche in questo 152esimo dell’Unità nazionale, sembriamo condannati a rimanere quel Popolo indiviso che per secoli è stato lo zimbello del mondo, quel Popolo che Mameli sperava di veder finalmente trasformato.
«Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò»
C.M.

Commenti

  1. Pienamente d'accordo! Hai detto benissimo quello che è i sentire di molte persone per bene che vorrebbero vedere la fine delle contrapposizioni faziose (non delle differenze di visione politica e di programma, s'intende) e la legittimazione, per conseguenza, di chi ha vinto le elezioni. Purtroppo la legge elettorale è stata prevista proprio per delegittimare chi vince, che non può governare!

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    1. Sì, abbiamo un sistema elettorale vergognoso e, soprattutto, manca la mentalità che si addice ad una Democrazia, ovvero quella del riconoscimento del voto dei cittadini, che dovrebbe spingere qualsiasi forza politica a lavorare per il comune interesse, con il confronto produttivo, la ricerca dei compromessi e dei punti di contatto e eliminando l'insulto, le prese di posizione di facciata e la supponenza di ciascun partito di essere l'unico ad avere nel sacco soluzioni che, comunque, non avrà mai interesse a portare avanti fino in fondo.

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