Del bel paese là dove'l sì suona...

La lettura di notizie in rete nuoce gravemente alla salute, fa crescere il nervosismo e alimenta lo spirito polemico. Allo stesso tempo, però, può dare grandi sussulti di patriottismo, come mi è accaduto oggi. Me ne stavo tranquillamente seduta alla scrivania bazzicando in Facebook, quando un post ha attirato la mia attenzione; recitava così: «L'Italiano è la lingua dei poveri».
Leggere prima di trarre conclusioni affrettate, mi sono detta. Ho letto. Le conclusioni sono state peggiori di quelle affrettate, e sono ancora in preda ad un impeto di orgoglio rabbioso, una sorta di ira di Achille (ma senza infiniti lutti conseguenti). Fortunatamente, Atena, la dea della civetta, interviene sulla mia mano, invitandomi alla moderazione come fa con l'eroe Acheo nel libro I dell'Iliade.
Il post si riferiva ad un video diffuso da CorriereTV in cui il comico tedesco Herald Schmidt, conduttore di uno show stile David Letterman, commentando la scelta del pontefice Francesco di impartire la benedizione pasquale in lingua italiana, ha creduto di fare una battuta di classe: il papa ha scelto l'Italiano in quanto «lingua dei poveri».
Va detto che sui Tedeschi sono ricadute battute di pessimo gusto da parte di personaggi italiani investiti di funzioni e incarichi che avrebbero dovuto scoraggiare il cabaret, ma qui l'ironia fa leva sull'umiliazione; se l'intento era ripagare certe infelici uscite, Schmidt poteva usare un nome e un cognome e rendere il famoso pan per focaccia: prendere di mira un'intera tradizione culturale e una nazione in crisi è un colpo che va parecchio sotto la cintura.
 
Friedrich Overbeck, Italia e Germania (1811)
 
Sarà per il profondo amore che nutro per la lingua e la cultura del mio Paese, ma l'intervento mi offende profondamente. Il mio risentimento per quella che alcuni potrebbero considerare una semplice battuta nasce da un duplice ordine di fattori. Da una parte c'è la delicata situazione economica e sociale che vivono l'Italia e altri Paesi che subiscono l'autorità di una Germania che, pur avendo vissuto nel passato recente condizioni di difficoltà e crisi a sua volta, ora scarica sui popoli più provati colpe, istruzioni e diktat; giusta o sbagliata che sia questa influenza, si tratta di un dato molto pesante per un popolo sfiancato dalla crisi, e l'ironia, la satira o la battuta non dovrebbero mai colpire i deboli, perché, in quel caso, diventano irrisione e umiliazione.
In secondo luogo c'è l'offesa culturale. Mi piacerebbe pensare che l'intervento di Schmidt considerasse solo la macabra ironia sul tema sociale, ma, se penso all'attento lavoro che gli autori compiono sui testi che vengono diffusi a mezzo televisivo (soprattutto in trasmissioni di questo genere), mi convinco che ogni senso di quella frase era attentamente pensato per agire su ogni versante. Questa certezza è di certo influenzata dall'intensità dell'altezzoso Volksgeist tedesco. Definire l'Italiano 'lingua dei poveri' è un dato offensivo della cultura e della letteratura italiane, nonché un dato che si smentisce con l'evidenza: l'Italiano è stato per secoli la lingua della poesia e del melodramma, manifestazioni artistiche che ai Tedeschi sono ben presenti, in quanto campi in cui anche gli autori alemanni hanno ottenuto risultati ammirevoli. Non sto neanche a citare il primato del nostro Paese nel lancio del movimento umanistico e rinascimentale, premessa di tutti i sentimenti neoclassici di cui i Tedeschi hanno amato i risultati...
L'Italiano è una lingua ricca dal punto di vista morfologico, lessicale, sintattico e letterario; molti lo parlano male, ma chi lo parla bene si dimostra tutt'altro che povero.
Pertanto, suggerirei al signor Schmidt di prendere esempio da un suo connazionale Johann Wolfgang von Goethe, che, come molti Tedeschi del XVIII secolo, ha goduto delle bellezze del territorio e della cultura italiani, manifestando verso essi la sua stima e ammirazione, sebbene, anche allora, come per la maggior parte della sua storia, la penisola non godesse di condizioni particolarmente felici.
Gli indicherei, altresì, la lettura di un agile trattatello: il De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, padre della lingua italiana, dove si legge la nota definizione del Volgare illustre (I, 17):
«Con illustre si vuol intendere ciò che illumina e, se illuminato, risplende [...]
e il volgare di cui stiamo parlando è eccellente per magistero e potere
e innalza i suoi con onore e gloria»
C.M.

Commenti

  1. Sono pienamente d'accordo con te. Se penso che molti studiosi della lingua e cultura italiane sono proprio tedeschi...mi sembra ancora di più una battuta infelice!

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  2. penso che lo scandalo non stia tanto in battutine sgradevoli come questa, "ognuno tira al suo" direbbe mia nonna, come anche il tuo post conferma, ma scandaloso è come sia più facile guardare altrove per trovare difetti, indignarsi per principio per una frase che offende la cultura italiana, stando alle tue parole, e non sentire invece il bisogno di commentare l'opera di censura operata dall'università di Verona rispetto alla conferenza della storica Kersevan. Mi sento molto più offesa e indignata culturalmente per questo episodio rispetto a quanto ti ha fatto paragonare ad Achille.

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  3. scusami non mi sono firmata, Elena De Togni.

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    1. Non ho commentato la vicenda solamente perchè non sono sufficientemente informata: dato che non vado in Facoltà da mesi, ho saputo dell'accaduto a distanza di giorni e, in mancanza di informazioni precise sulla conferenza e sulle conseguenze, non ho ritenuto corretto esprimermi.

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    2. credo che tu non abbia colto quello che intendevo, o meglio è quello che la tua risposta mi lascia intendere, è il tuo blog e non sindaco in merito a quello o a come lo scrivi, credo però profondamente che la cultura passi anche ma non si fermi ai libri, alla lingua, e che tutte le citazioni letterarie che si possono fare non vengano prima di ciò che ci circonda, anzi forse servono solo a dare una parvenza di credibilità a cose sentite sui banchi di scuola. Mi spiace se non ho compreso il tuo sfogo come avrei dovuto, forse, che comunque in parte condivido, ma leggo che scrivi anche in altri post di quello che è il tuo spirito polemico e ho trovato che fosse sprecato per commentare un'affermazione letta per caso su facebook (non sto mettendo in dubbio con questo che tu abbia approfondito la fonte). Puoi sempre rispondermi che se non mi interessa quello che scrivi posso fare a meno di leggerlo, che è vero, ma mi sono informata del blog dal momento che mi hai invitata a farlo e anche con piacere, ma le premesse che ne hai dato a mio avviso non soddisfano le aspettative che ne sono derivate.

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    3. Infatti apprezzo molto che tu abbia avuto l'interesse di vedere il blog e di leggere gli articoli. Hai ragione nel dire che la cultura va oltre i libri, la lingua o l'arte e, infatti, ho dedicato un post al problema del lavoro (intitolato Amaz...ing) e uno alla questione del freno posto dalla corruzione allo sviluppo economico e sociale (Repubblica delle banane since I sec. a.C.), affrontando questi argomenti con lo sguardo quotidiano, con le mie idee, i miei limiti e le mie speranze, senza alcuna pretesa di aver ragione o di dire le cose nel modo migliore.
      La funzione originaria pensata per Athenae Noctua è però in qualche modo quella rivestita dalla "terza pagina" dei quotidiani, sebbene ciò non escluda il mio interesse per ciò che ci circonda. Se non parlo di un argomento, non significa che non lo ritenga importante.
      La letteratura è, d'altronde, "il mio mestiere", mi appassiona, l'ho studiata ed è normale che abbia un posto privilegiato nel blog, ma non ritengo per questo meno valide riflessioni più concrete. Tendo a parlare solo di quello che conosco, del materiale che riesco a gestire direttamente, sia esso proveniente dall'attualità, da esperienze personali o da un libro.
      Mi dispiace che tu non abbia trovato qui dei contenuti rispondenti alle tue aspettative e ti ringrazio per avermi dedicato un po'di tempo, sono consapevole che divergenze di interessi e/o interventi sono dettati dalla soggettività di ciascuno e che quello che spinge me a scrivere può essere allo stesso tempo ciò che può non invitare altri alla lettura o alla condivisione.
      Grazie dell'interesse e del contributo. Cristina

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  4. E hai fatto bene a suggerirgli la lettura di Goethe. Io gli suggerirei anche di rileggere Schopenhauer... Così, giusto per portargli l'esempio di due baluardi culturali della Germania che si sono rivolti anche alla cultura italiana (dei poveri) per trarre ispirazione per le loro opere.
    Però una cosa la devo dire, che speravo la dicessi tu: un conto è essere poveri, e non c'è di che vergognarsi, un altro è essere miseri. Qui ci sarebbe da vergognarsi, eccome.

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    1. Sulla terminologia ho dovuto contare sulle traduzioni dal Tedesco. Dicevano "poveri" e ho riportato la frase. Certamente le due connotazioni vanno distinte.

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    2. Vorrei che la distinzione fosse chiara per lui, che ha fatto un'uscita misera. Senza vergognarsi. Questo intendo con il commento.
      Nel rileggere il tuo post credo che tu glielo abbia fatto capire comunque con eleganza. :)

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    3. D'altronde, o è stato misero Schmidt con quella sua battuta, oppure lo sono stati Goethe e Schopenhauer nell'apprezzare il nostro Paese... ie mi pare che l'esito del quesito sia più che ovvio. :)

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  5. Herr Schmidt non dubiti: prima o dopo, anche i crucchi piangono

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  6. Penso che l'episodio che è stato riportato sul blog da Cristina, di cui apprezzo l'impegno e la capacità di scrivere in modo piacevole le sue riflessioni, sia in fondo da attribuire al retaggio di secoli e secoli in cui si è assistito ad una feroce rivalità culturale ed economica che molto spesso è sfociata in scontri bellici tra le varie nazioni europee. E credo sia lecito sentirsi "toccati" da una battuta al limite dell'offensivo, come del resto si sentirebbe offeso, e a ragione, un tedesco al sentirsi chiamare mangiacrauti o un francese nel sentirsi dire effeminato per la sua parlata dolce. Il rispetto deve essere reciproco, e se io rispetto gli altri, ho il diritto di offendermi se qualcun'altro manca di rispetto o offende una parte importantissima della nostra cultura ossia la lingua.

    Vorrei inoltre esprimere la mia contrarietà alla mancanza di gusto e soprattutto mancanza di cortesia che ho riscontrato in alcuni commenti precedenti, in cui qualcuno ha ritenuto che fosse praticamente uno spreco parlare di questo argomento. Visto che la partecipare a questo blog è libera e non si paga, non mi sembra il caso di saltare fuori giudicando gli argomenti futili e non (soggettivamente) interessanti, primo perchè a mio avviso si rischia di urtare la sensibilità di chi invece apprezza e trova piacevole partecipare e argomentare una discussione di qual si voglia natura, secondo, ma non meno importante, si può sempre a mio avviso amareggiare chi ha messo impegno e tempo per confezionare l'articolo.

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    1. Benvenuto Claudio, e grazie di esserti fermato e di aver espresso il tuo apprezzamento per il post. Hai colto l'aspetto fondamentale del mio risentimento per la battuta di Schmidt, che, peraltro, potremmo archiviare come un'infelice uscita. Essa è infatti il simbolo di una forma latente di conflittualità nazionale che, ormai, nell'era dell'Unione Europea (un concetto purtroppo ancora nebuloso e informe), dovremmo essere in grado di superare. Ci riusciremo mai?

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  7. Il quadro di Overbeck che hai citato nell'immagine è bellissimo, e ci ricorda una cosa: Italia e Germania sono state 'sorelle di sventura' per molti secoli; sono divenute due nazioni unite e libere praticamente nello stesso periodo, con un percorso molto spesso incrociato. Nonostante questo, la Riforma prima, le due Guerre mondiali poi ci hanno allontanato considerevolmente, e ci hanno messo anzi gli uni contro gli altri: ancora oggi infatti non ce le mandiamo a dire. Certo, onestamente la Germania in questi anni ha esagerato, e lo ha sempre fatto dallo scranno del più forte; le uscite di molti tedeschi sono al limite del cattivo gusto, ma le nostre risposte non sono da meno. Tutti i grandi tedeschi (a partire da Goethe, che tu hai giustamente citato) hanno ammirato l'Italia, ne hanno riconosciuto l'importanza eccezionale nello sviluppo delle arti e della cultura in generale. Quelli che non lo ammettono o sono ignoranti, o sono interessati. Ora siamo messi molto male, certo, e loro ci provocano: evitiamo però di cadere nel tranello, e di rispondere con perle del tipo 'voi avete creato i campi di concentramento' ecc., perché così facciamo solo il loro gioco. Loro irridono la nostra lingua proprio perché sanno che è una delle poche cose belle che ci sono rimaste. Non roviniamola sfornando altri insulti, ma usiamola per dimostrare che si sbagliano: a buon intenditor, poche parole!

    Ancora grazie per lo spunto interessante!

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    1. La Germania è un Paese di forte orgoglio nazionale (tengo a precisare che uso questo concetto in modo positivo, evocando le manifestazioni sane e non per alludere alle sue passate deformazioni) e penso che espressioni di antipatia culturale come quella usata da Schmidt siano un segno del bisogno di esorcizzare una rivalità su un terreno in cui, come scrivi, abbiamo molto di che vantarci.
      Dovremmo imparare dai Tedeschi ad essere più attaccati alle nostre tradizioni e ad esibire un po' di attaccamento all'onorabilità del nostro Paese, senza però cadere (come ha fatto il comico in questione) nel tranello di cercare una presunta superorità personale mettendo in rilievo aspetti poco edificanti, difetti o disgrazie degli altri.

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  8. E' senz'altro la battuta di un comico che deve far ridere, e come tale deve essere presa. Il problema secondo me è che un comico si preoccupa poco del fatto che con una battuta potrebbe ferire la sensibilità di una persona di una nazione. Diciamo che anche da noi in fondo si usano termini di vecchia tradizione per indicare i tedeschi - Massimo del Papa sopra ne ha indicato uno, ma io sentivo anche stampella, giraffa, a parte Kartoffeln. Insomma se capisco il tuo risentimento, dall'altro cercherei di capire se la battuta era intelligente o meno (dal suo punto di vista di comico ovviamente) e penso che lo fosse. La vita credo sia un po' un gioco delle parti, avremmo dovuto avere un buon comico pronto a rispondere pan per kartoffel, penso che per esempio la Littizzetto non si farebbe problemi a fare una battuta anche pesante sui tedeschi se intuisce che la cosa può fare ridere il suo pubblico. C'è un limite però hai ragione: la televisione, i media si trasformano facilmente in strumenti in cui lievita il pregiudizio e quindi l'odio. Inoltre aggiungo ancora una cosa: Schmidt non diceva che l'italiano è una lingua povera, ma dei poveri, riferendosi appunto soltanto all'attuale congiuntura. Se mi permetti ancora di aggiungere qualche banalità, tutti i tedeschi che conosco che ho conosciuto (ho anche un cugino tedesco) sono persone meravigliose, li ho sempre visti come persone con cui era più facile entrare in sintonia rispetto per esempio ai francesi agli inglesi, perfino agli spagnoli, e a rischio di farmi ridere dietro aggiungerei che i tedeschi rispetto a altri popoli europei conservano ancora anche una certa radicata bontà (lasciamo perdere adesso i riferimenti al triste periodo). A questa certa bontà del carattere tedesco accennò già Stendhal in uno dei suoi libri a mio avviso più belli, Memoires d'egotisme (credo in italiano Ricordi d'egotismo) una sorta di diario, che sicuramente avrai letto. Paragonava quella bontà dei tedeschi alla cattiveria dei suoi connazionali o degli inglesi. In più i tedeschi hanno un qualcosa di paradossalmente più spontaneo rispetto agli altri, nonostante appunto una certa apparente rigidezza della lingua. Ed è forse la ragione per cui gli italiani di fondo legano meglio con loro che con altri popoli e non a caso Giuseppe Ghigino sopra ricordava che Italia e Germania sono state sorelle di sventura. Credo esista anche un quadro e non ricordo di chi, su questo tema. Scusami se sono stato un po ' lungo ma il tuo post vibrava di indignazione e mi ha stimolato ....

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    1. Hai fatto bene ad intervenire, invece: questo spazio serve proprio al confronto, breve o lungo che sia. Nessuno si sognerebbe in un simile contesto, di intervenire per attaccare i Tedeschi o metterne in rilievo i difetti o tratti culturali apparentemente rigidi, (men che meno si intende rivangare pagine buie della storia della Germania); anzi, io ho rilevato quanto ci farebbe bene imparare dai colleghi europei il sentimento di orgoglio nazionale. Hai ragione a dire che la battuta avrebbe potuto avere luogo a parti invertite anche da noi (Littizzetto o Crozza non hanno mai avuto remore in questo senso), ma credo che esistano spazi entro cui la comicità diventa cattivo gusto, non certo solo nel caso di Schmidt, a cercarne ne troveremmo anche fra gli autori di satira nostrani. Il sottile gioco sulla parola 'povertà' e il fatto che l'intervento non fosse accompagnato da una gestualità consona alla comicità, ma piuttosto all'irrisione, trovo che facciano cadere l'intervento nell'area del cattivo gusto, appunto. Poi, ci mancherebbe, Schmidt fa il suo mestiere (almeno le battute lui le fa da comico), e le sue parole sono state per me l'occasione per un sussulto di amor di Patria che di questi tempi, purtroppo scarseggia: informazione, comicità, inchieste e interviste servono, in ogni caso, ad alimentare il dibattito e la criticità, perché anche una brevissima frase, una volta resa pubblica, si espone al giudizio esterno e, personalmente, nel mio caso è un giudizio negativo... ma è ovvio che si tratta di un'opinione...

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