Una metafora esistenziale: il naufragio

La ricorrenza dell'affondamento del transatlantico Titanic (di cui ricordo la data per la vicenda cinematografica del 1997) mi spinge a trattare uno degli argomenti che mi proponevo di presentarvi, ovvero quello del naufragio. Da sempre sinonimo di pecarietà e rivolgimento della sorte e di impotenza per l'uomo, il naufragio ha rappresentato per poeti, scrittori e artisti una metafora esistenziale di primaria importanza: dalle peregrinazioni marittime di Odisseo alle grandi vicende di disastri navali e miracolosi episodi di sopravvivenza della letteratura sette-ottocentesca, l'incubo di cadere preda del mare e di perdere la vita lontano dai propri cari è stato una nota costante.
Il mare è, d'altronde, il simbolo dell'ignoto e di ciò che l'uomo non può dominare: mettersi in mare ha sempre costituito per gli uomini una sfida eccezionale, al limite fra disperazione e desiderio di sopraffare un'entità impietosa e potente. L'angoscia e la preoccupazione che derivano dal soverchiante ruolo del mare sono ben presentati da Poe nel racconto Manoscritto trovato in una bottiglia (1833) o da Conrad, nel romanzo La linea d'ombra (1917), narrazioni che mi hanno riempita di inquietudine; in esse, la grande distesa d'acqua è padrona, non è dato sapere cosa accadrà, se il vento permetterà di sottrarsi al pericolo o se ingrosserà le onde per mettere fine all'esistenza dei protagonisti.
Il naufrago letterario per eccellenza è però Odisseo, l'eroe dal multiforme ingegno, che, in virtù della propria astuzia e tenacia e grazie all'aiuto degli dèi, riesce, unico fra i compagni di navigazione, a sopravvivere alla forza del mare scatenata da Poseidone. Ma il tema della morte e del disastro in mare è materia di molta parte della letteratura antica, in primis quella romanzesca, dove diventa l'occasione per dispiegare episodi di morte apparente e distacchi fra gli amanti protagonisti (una soluzione cui le soap-opera moderne hanno attinto a volontà).
 
Jean Louis Théodore Géricault, La zattera della Medusa (1818)

Nel Satyricon di Petronio (I sec.), un romanzo latino che è programmaticamente parodico dei romanzi erotici greci, il tema si colora inaspettatamente di un tono serio e quasi commovente, che distacca la sequenza dei capitoli 114-115 dal tono ironico e ilare del resto della narrazione. Da questo particolare romanzo ricaviamo innanzitutto un'interessante informazione: tagliarsi i capelli a bordo di una nave è un gesto che attira la cattiva sorte sul viaggio (cap. 105); che sia o non sia la leggerezza dei tre protagonisti, che in piena notte, per rendersi irriconoscibili, si radono il capo, a provocare il naufragio, a disastro avvenuto, il giovane Encolpio raccoglie sulla spiaggia la testa mozzata del ricco proprietario del natante e prorompe in un lamento:

«Dov'è ora la tua irascibilità, dove la tua prepotenza? Eccoti qui in balia dei pesci e delle belve e tu, che fino a poco fa vantavi la potenza del tuo dominio, di una nave tanto grande, dopo il naufragio, non hai neppure una tavola. Avanti, ora, mortali, e riemptevi il petto di idee grandi! Avanti, con le vostre precauzioni, e programmate un uso che duri mille anni per le ricchezze procacciate con la frode! Senza dubbio costui ancora ieri fece il bilancio del suo patrimonio, senza dubbio fissò in cuor suo anche il giorno in cui intendeva far ritorno in patria. Dei e dee, come lontano dalla sua meta egli giace! Ma ai mortali non sono solo i mari che danno questa bella prova di lealtà. Quello, mentre combatte, le armi lo piantano in asso, quell'altro, mentre espleta i doveri sacrificali agli dei, vien sepolto dalla rovinosa caduta dei suoi penati. Quello, caduto dalla vettura, resta per sempre senza fiato, lui che si affannava per far presto, il cibo strozza chi è ingordo, il digiuno consuma chi è astinente. A ben fare i calcoli, da ogni parte c'è un naufragio.» (Petronio, Satyricon, 115, 12-18, traduzione di A. Aragosti)

È forse questo pensiero sulla precarietà e la vanità dell'esistenza e dei desideri umani ad animare lo sguardo sconsolato del vecchio rassegnato che si distingue nella sua compostezza in mezzo ai cadaveri e all'agitazione dei disperati sulla Zattera della Medusa dipinta da Théodore Géricault che, non a caso, ha tratto ispirazione, per dipingere le vittime del disastro spinti alla fame e al cannibalismo, dai dannati che vengono spinti giù dalla barca di Caronte e gettati fra le braccia dei demoni infernali nell'affresco sistino del Giudizio Universale.
La condizione del naufrago è, dunque, metafora della condizione umana, di una vita continuamente esposta a rivolgimenti inaspettati, di una situazione che raggiunge le manifestazioni più estreme della disperazione. Anche una tragedia come quella bellica suscita un rimando alla condizione del naufrago: soverchiato da una macchina mortale, anche il combattente, salvo per miracolo, è trascinato dal moto delle onde verso la ricerca di un'esistenza lontana dal mare, come un novello Odisseo. Così si spiega la metafora ungarettiana di Allegria di naufragi (1917):
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare
C.M.

Commenti

  1. Post meraviglioso, davvero come tutti gli altri! Avendo letto l'Odissea conosco bene il ruolo importante del tema del mare e del naufragio e posso dirti che quando l'ho studiata avrei preferito leggere quello che tu hai scritto come libro di testo! Anche perché questi collegamenti tra arte e letteratura davvero ti fanno capire come determinati temi argomenti che sembrano appartenere al passato continuano ad echeggiare anche nel presente e sono più attuali che mai!

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    1. Mi hanno sempre affascinata i collegamenti fra varie discipline perché ritengo che siano i veri momenti in cui si valuta l'importanza antopologica e culturale di un tema, di un'immagine, di un pensiero o di un personaggio: sono, insomma, spie di una comunanza di argomenti e riflessioni che travalica le arti e i confini geografici o temporali. Per questo mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato il post, che ho voluto condensare in brevità per non trasformare uno spunto curioso in una boriosa trattazione accademica! :)

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    2. Infatti mi è piaciuto molto proprio perché sei riuscita ad affrontare un tema non facile e soprattutto difficilmente sintetizzabile in questo modo così fresco e vivace mantenendone inalterata l'importanza! Io non ce la farei, complimenti davvero! ^.^

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    3. Grazie Frannie, troppo buona! In realtà questo blog è diventato il luogo in cui condensare pensieri nati da vari spunti (letture, immagini, musica, film...), quindi la sintesi di un mondo era l'intento iniziale: se poi qualcuno ha interessi più vasti, i commenti o i suggerimenti per tirar fuori informazioni in più sono graditissimi! D'altronde, però, il web è sinonimo di velocità, e lo prendo come una sfida a contenere la prolissità! :) Grazie ancora!

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  2. Un bel viaggio tra arte e letteratura! Adoro il Satyricon, è veramente spassoso.

    ...e 'l naufragar m'è dolce in questo mare. :-)

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    1. Ci ho fatto un intero corso all'Università, ed è stato uno degli esami che mi ha lasciato di più!

      Il buon Giacomino non poteva mancare! ;)

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  3. Sicuramente come dici metafora di una condizione umana e esistenziale, ma anche più estesamente sociale ... E in questo caso ciò che mi incuriosisce del naufragio sono le condizioni che lo precedono, che lo preparano, per così dire, di cui ci sono riferimenti, come sai, non solo nella Repubblica di Platone, con la sua metafora della nave, ma anche in uno dei miei poeti preferiti, che scrive duecento anni prima di Platone, Alceo. Ti ricorderai una delle sue odi, ripresa anche da Orazio, ti cito a memoria, sul greco che ho in mente, i primi versi:
    Non capisco la direzione dei venti
    da quella parte si abbatte l'onda (rotola)e da quell'altra
    e noi nel mezzo
    trasportati nella nera nave ...
    Scusa se non sono più preciso ma non ho il testo davanti, ma volevo lasciare un piccolo contributo al tuo interessante post

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    1. Hai fatto benissimo! L'immagine della nave e del mare che la agita per descrivere l'instabilità sociale e politica è strettamente connessa a quella del naufragio. Sul tuo interessante spunto innesto un riferimento attualissimo a Dante:

      "Ahi serva Italia, di dolore ostello,
      nave sanza nocchiere in gran tempesta,
      non donna di province, ma bordello!" (Pg. canto VI, 76-78)

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  4. Anche per me il tema del mare è fra i più affascinanti: penso a Moby Dick di Melville, per esempio, ma per restare più propriamente al tema del naufragio, proporrei la novella quarta della seconda giornata del Decameron: "Landolfo Rufolo, impoverito, divien corsale e da’ genovesi preso rompe in mare e sopra una cassetta di gioie carissime piena scampa; e in Gurfo ricevuto da una femina, ricco si torna a casa sua". Questa novella mi piace in particolare perché insinua l’elemento del caso (la fortuna) nel mondo delle navigazioni mercantili che dai porti mediterranei muovevano verso l’oriente. Mi piace anche per l’elemento fiabesco che si inserisce con molta naturalezza nel racconto che è, per altri aspetti, realistico.
    Grazie per le informazioni contenute in questo tuo post, molto bello.

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    1. Grazie a te, laulilla! Andrò sicuramente a rileggermi la novella di Boccaccio! La Fortuna, d'altronde, è sempre acqua, onda inafferrabile, incontrollabile, prorompente (penso alla teorizzazione di Machiavelli, che sarà di certo argomento di un futuro post)!

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    2. Hai ragione Laulilla, questo richiamo a Boccaccio è interessantissimo, soprattutto se si pensa che in quell'epoca di grandi traffici si viaggiava tantissimo in mare, l'idea di un possibile naufragio era sulla bocca di tutti, un vero immaginario collettivo, e chi si apprestava a salire su una nave una qualche inquietudine doveva provarla, magari simile a quella di alcuni di noi ogni volta che si avvicina la data della partenza in aereo ...

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  5. Mi piace molto l'acqua come elemento e il mare mi affascina per la sua natura indomita. Interessante la metafora del naufrago...penso che, proprio come in mare, bisognerebbe mantenere un equilibrio tra l'assecondare la natura delle onde e la capacità di reagire prontamente.
    Ti lascio questo bel monologo di Gaber sul naufragio:
    http://lelunedisibilla.wordpress.com/2012/07/02/a-quanti-pensano-di-trovarsi-dalla-parte-giusta/

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  6. Grazie Monica, questo monologo è molto istruttivo...

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  7. Un argomento sempre attuale e incredibilmente affascinante, sei stata bravissima come al solito.

    valivi

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    1. Grazie Valivi! Sto progettando un altro post di simile natura, ma non prometto ancora nulla, perché ultimamente tutti i miei piani di scrittura vengono stravolti! :)

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  8. lA Zattera della Medusa è sempre stato un dipinto che mi ha molto intrigata, probabilmente proprio per tutto quello che si nasconde dietro il significato del naufragio, dell'isolamento e della natura umana che in certe condizioni estreme si rivela per quel che è. Complimenti per il post, molto interessante!

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    1. Grazie Silvia! In effetti La zattera della Medusa è sconvolgente, terrificante, ma, nella resa della disperazione, perfetto. Quando me lo sono trovata davanti al Louvre mi ha trasmesso tutta la sua forza drammatica...

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  9. E come non ricordare la Ballata del Vecchio Marinaio di Coleridge, ripresa da Capossela ne: S.S. dei Naufragati.
    "Acqua, acqua, acqua in ogni dove e nemmeno una goccia, una goccia da bere" (Capossela);
    "Water, water, every where, and all the boards did shrink; water, water, every where, nor any drop to drink" (Coleridge. "Acqua, acqua, in ogni dove, e le assi si flettevano; acqua, acqua, in ogni dove, e non una goccia da bere").
    Il naufragio, dove si scopre l'orrida Vita-in-Morte (Life-in-Death), potente suggestione rielaborata da Coleridge.

    Come ha scritto Valivi, hai proposto un argomento molto affascinante e sempre attuale. Continua così!

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    1. Grazie per il contributo! So poco di Coleridge, al Liceo avevo studiato solo una parte della ballata, ma ricordo bene l'atmosfera che si legava a quel testo, ed è sicuramente un ottimo riferimento!
      Sono lieta che l'argomento abbia suscitato interesse, sicuramente riproporrò altre riflessioni che possano evocarlo!

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