Sull'obsolescenza dei programmi scolastici

Sarò anche l'ultima arrivata nel mondo dell'insegnamento, sarà anche vero che finora ho dato solo qualche sporadica lezione privata a studenti che avevano bisogno di un supporto nel recupero, ma forse proprio per questo posso godere di una prospettiva nuova, disillusa e circostanziata.
Se mi chiedessero qual è il problema che maggiormente riscontro come base delle difficoltà scolastiche, risponderei senza esitazione: «Il contenuto e la forma dei programmi».
Premetto un'informazione che ritengo importante: sono una grande appassionata delle materie di cui mi accingo a parlare (quelle in cui sono, per questioni di formazione, più competente), quindi tutte le mie affermazioni nascono non dal desiderio di demolirle, ma, anzi, dalla voglia di vederle potenziate, sottratte al grigiore e caricate di significati.

Pierpaolo delle Masegne, Arca di Giovanni da Legnano (1383), part.

I programmi di tutti gli istituti di istruzione superiore prevedono, come ben sappiamo, l'insegnamento dell'Italiano e della Storia. Queste materie sono essenziali non solo per l'acquisizione di una buona cultura generale, ma anche per la formazione di cognizioni linguistiche, espressive e sociali. O meglio, così sarebbe se l'insegnamento di queste discipline fosse impartito in maniera diversa.
La mia polemica non è rivolta agli insegnanti, bensì ai programmi ministeriali cui tutti loro si devono per legge attenere, riuscendo solo in qualche caso, se si tratta di docenti particolarmente portati per il loro lavoro, dotati di una grande capacità di comunicazione e interazione con gli studenti, a superarne limitazioni e controsensi; quando, al contrario, questa attitudine manca completamente, la situazione diventa disastrosa. Nella maggior parte dei casi, comunque, si verifica una condizione mediana: il programma è seguito in maniera fedele e la classe impara una serie di dati tecnici che saranno relativamente utili nella vita; qualche alunno tratterrà a vita alcune informazioni particolarmente significative, molti altri faranno tabula rasa, mantenendo della loro esperienza scolastica solo l'attestazione burocratica del loro transito.
I programmi scolastici di Italiano e Storia non sono sbagliati, ma, semplicemente, inadeguati: sono vecchi.
La questione si dirama in due sotto-problemi, che riguardano, rispettivamente, le estensioni cronologiche e il grado di dettaglio dei programmi e l'assoluta prevalenza del dato mnemonico e nozionistico sul momento di riflessione e rielaborazione.
Che senso ha studiare nel dettaglio le tre Guerre Puniche o le mille lotte dinastiche del XVI e XVII secolo con i loro effimeri effetti e tralasciare la storia dal secondo Dopoguerra in avanti? Perché imparare i nomi di imperatori e papi rimasti in carica pochi anni e ricordati spesso per degli episodi coloristici e conseguire la maturità senza conoscere Nilde Iotti, Aldo Moro, Falcone e Borsellino? A quale pro soffermarsi sulle distinzioni dogmatiche fra Luterani e Calvinisti o sui numeri degli oppositori ghigliottinati durante il Terrore e non parlare - magari leggendo un giornale - dei conflitti politici-religiosi attuali?
Le stesse osservazioni possono valere per la Letteratura, perché non ha alcun valore lo studio dettagliato e al limite della follia dei sonetti di Petrarca o l'apoteosi dei Promessi Sposi, se poi non si arriva a leggere un solo verso di poesia dagli anni '40 in avanti o a trattare testi di romanzi contemporanei, né vedo perché pretendere che gli studenti comprendano parola per parola la Commedia e non insegnare loro a leggere un articolo di giornale o una comunicazione attuale.
Quanto all'obsolescenza della metodologia, mi batterò sempre contro l'apprendimento mnemonico e contro le forme di verifica che non consentono di appurare l'effettiva penetrazione dei contenuti; sono contraria ai dati numerici, alle date (tranne quelle essenziali, si intende) e alle definizioni. Il pensiero o la scelta di un poeta non sono leggi fisiche: non è possibile ripetere «L’ipallage è una figura retorica che consiste nel riferire un aggettivo non al sostantivo cui è semanticamente legato ma ad un altro sostantivo vicino» con lo stesso automatismo con cui si ripete: «La legge di gravitazione universale afferma che nell'universo ogni punto materiale attrae ogni altro punto materiale con una forza che è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza».Trovo assurdo insegnare ai ragazzi la differenza fra una metonimia e una sineddoche (una sottigliezza inutile anche a livelli specialistici, tanto che i testi stessi fanno confusione), obbligarli a parafrasare (operazione che mi fa venire la nausea) il Cantico delle Creature e a comprendere il valore dei latinismi in Foscolo se poi non si insegna loro la concordanza dei congiuntivi rispetto agli indicativi e ai condizionali, l'uso dei pronomi relativi, la punteggiatura.
Lo stesso dicasi per la Storia, il cui insegnamento prevede spesso bombardamenti di date e nomi e la costruzione di affreschi cronologici ricchissimi ma confusionari; alla bontà della didattica della storia, però, viene in soccorso un preciso orientamento di pensiero e metodologia, quello della École des Annales, nata negli anni '20 del Novecento grazie a storici di spicco come March Bloc e Lucien Febvre. Les Annales hanno teorizzato la necessità di sacrificare la prassi della storia evenemenziale allo studio delle strutture, affiancando alla storia politica (prospettiva dominante ancora oggi, almeno in Italia) la storia sociale, economica e culturale. Fermo restando il valore linee del tempo e di buona parte della storia evenemenziale (nessuno si sognerebbe di eliminare dai programmi scolastici l'incoronazione di Carlo Magno, la Battaglia di Lepanto o l'invasione tedesca della Polonia), ritengo che usare questi dati come gabbie cronologiche per lo studio di fenomeni più diffusi, endemici e transtemporali anziché come esclusivi oggetti di attenzione sarebbe non solo più stimolante, ma anche più efficace nel contrastare la diffusa obiezione che gli studenti sollevano regolarmente: «Studiare la Storia non serve a niente». Confermo: non serve a niente studiare infinite sequenze di battaglie e trattati, ma la Storia dovrebbe essere ben altro, dovrebbe invitare alla riflessione, aiutarci a capire l'aspetto del mondo di oggi, a superarne le contraddizioni e ad allargare i nostri orizzonti culturali.
Ripeto: sono una sostenitrice di prima linea di questi contenuti, ma ritengo che, visto che i tempi e gli spazi scolastici richiedono una selezione, al momento essa verta su aspetti parziali e su prospettive da rivedere in modo profondo e radicale. Si dovrebbero ricercare il coinvolgimento, il pensiero, l'analisi, la partecipazione attiva dello studente, invitandolo a comporre dei quadri storici prima di chiedergli una mitragliata di date, e a produrre dei testi corretti e articolati prima di pretendere che comprenda una lirica di cinquecento anni fa.

C.M.

Commenti

  1. sai io ci sono dentro a queste cose ma dall'altra parte!! giusto ora sto traducendo Cicerone! penso che mi piacerebbe averti come prof! sul fatto che i programmi siano vecchi ed inadeguati concordo, per esempio ti dico io sono il primo anno della riforma Gelmini e forse non me ne intendo troppo è vero e parlo solo da liceale ma trovo che avendoci aggiunto materiale e tolto ore non abbiano fatto un grande passo avanti! XD nella speranza che le tue idee facciano breccia besos saralinda

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    1. Uuuuh, la riforma Gelimini! Quella che ha nascosto dietro all'introdizione del grembiulino (peraltro sempre usato - almeno nella mia regione) una bella ghigliottinata alle ore di didattica e revisionato i programmi devastandoli ancor di più! In virtù di quel testo di legge, è permesso agli studenti di non sapere niente del pù grande dramma umano della storia contemporanea (le due Guerre mondiali, i totalitarismi occidentali e il genocidio degli Ebrei e delle minoranze) fino alla 3^ media, poiché, evidentemente, è preferibile studiare nel dettaglio la preistoria, i dinosauri e l'uomo della caverne. Di certo le ultime riforme non hanno puntato minimamente sui contenuti di riflessione, prediligendo, invece, sempre il momento nozionistico e la memorizzazione. Mi consola leggere opinioni come la tua, segno che anche gli studenti si interrogano sulla qualità della proposta scolastica! :)

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  2. Io sono fuori dal mondo dell'insegnamento, e anche ormai da quello dell'apprendimento, essendo passato da un pezzo il liceo. Tuttavia, mi ricordo davvero bene il dispiacere che ho provato l'ultimo anno a non studiare in modo approfondito, la storia dell'altro ieri, come i due conflitti mondiali, e il fascismo in Italia! Io sostengo che sia necessario studiare bene le fondamenta di storia e letteratura, ma questo potrebbe anche non tradursi in uno studio sfiancante di date e liste di imperatori, papi, e quant'altro, o mandate a memoria di intere poesie tolte di peso dall'autore e dal tempo in cui sono state scritte. Come dici tu, perché scervellarsi sulle infinite sfumature delle prime lotte per le investiture, o i vari conflitti lontani nel tempo, e passar sopra bellamente agli eventi che hanno interessato pure i nostri nonni, o bisnonni? Se non abbiamo qualche nozione un po' più approfondita dei semplici nomi (Mussolini, Ciano, ecc.), come facciamo a capire le radici che bene o male hanno dato origine alla nostra politica, e non parlo solo dell'ultimo governo, ma di tutta l'esistenza della Repubblica Italiana, dal '48 in avanti? E per parlare di arte, perché dobbiamo ostinarci a escludere Pasolini dai programmi, o interessarci a lui superficialmente, quando la sua arte ha avuto un impatto così forte, e il suo personaggio è discusso talmente tanto anche ora? Mi piacerebbe davvero che legioni di insegnanti la pensassero come te, e che riuscissero a fare qualcosa per cambiare una situazione diventata vecchia e insostenibile.

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    1. Un cambiamento di prospettive è, a mio avviso, fondamentale. Ci sono indubbiamente tanti bravi insegnanti che riescono a far lavorare e ragionare i ragazzi, ma i condizionamenti esterni pongono limitazioni soffocanti (pensiamo solo al taglio continuo delle ore di lezione) e resiste una concezione antiquaria e quasi museale della storia e della letteratura: ciò che è più antico è migliore, più degno di attenzione, imrescindibile. Ora, sai bene quanto sia affezionata all'antichità, ma ritengo che le vicende e gli autori più lontani dovrebbero essere degli spunti, non delle conoscenze in sé concluse: mezzi, insomma, non fini.

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  3. hai ragione da vendere! Per fortuna, però, noi prof abbiamo molto modi di ricavarci spazi di autonomia... ad esempio io ho una bellissima ora di attualità / educazione civica in cui praticamente posso inserire quello che voglio, ergo storia moderna, letteratura straniera e attualità fatta come si deve, con i giornali alla mano. Ed è vero che i programmi ai quali dobbiamo attenerci sono già fissati, ma alla fine sono io che stabilisco e giudico cosa di quello che propone il ministero i miei ragazzi debbano effettivamente sapere e, in classe, quello che avviene fra me e loro, indipendentemente dal registro, riguarda solo noi... pensa che io ho abolito la lettura de I Promessi Sposi : ovviamente Manzoni lo facciamo, la trama e i significati dell'opera li studiamo e, se qualcuno ha voglia di leggerlo (mai capitato!) sarà apprezzato, ma in quelle preziose ore a casa e a scuola leggiamo altro e poi analizziamo queste letture insieme. Lo stesso vale per la storia : alle quinte faccio fare il '900, indipendentemente da dove si siamo fermati prima, e puntualmente ogni anno le tracce d'esame mi danno ragione. Il biennio, poi, è una pacchia, con tutte quelle ore di antologia da riempire... Il problema è a monte : variare i programmi costa tempo, fatica, inventiva, materiali da procurare, fotocopie da fare, trascinarsi il portatile e le casse a scuola per far vedere i dvd (cosa? sala informatica? sì, la leggenda racconta che alcune scuole ce l'hanno!!). Lo stesso vale per le lezioni : ci vogliono cinque minuti ad assegnare qualcosa da imparare a memoria e dieci ora per spiegarlo, rispiegarlo, semplificarlo, controllare se i ragazzi, uno per uno, hanno capito, eventualmente rispiegarlo, controllare il giorno dopo se i ragazzi se lo ricordano... e tristemente non tutti sono disposti a farlo. Ti parlo chiaramente, anche troppo : nessuno controlla se quello che scriviamo nel registro corrisponde a quello che abbiamo fatto. Molti, come me, se ne approfittano per fare di più, ma molti, purtroppo, se ne approfittano per non fare niente

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    1. Sono contenta di sentire anche l'opinione di un'insegnante! Sono d'accordo con la tua scelta di tagliare sui Promessi Sposi (con tutto il rispetto per il buon Manzoni) e con la decisione di concentrarti sul Novecento con i maturandi. Hai sollevato un'importante appunto: spiegare e verificare la comprensione da parte dei ragazzi richiede molto tempo (un tempo che la scuola vede sempre più ridotto) e un impegno che va molto al di là della mattinata scolastica (alla faccia di quelli che sostengono che quello dell'insegnante è un lavoro part-time!). Sicuramente la passione e la volontà di un docente possono produrre buoni risultati indipendentemente dalla fissità dei programmi (ne ho visto esempi io stessa, oltre a fidarmi di quanto mi hai testimoniato), ma credo che un'indicazione "dall'alto" sarebbe necessaria, se non altro per dimostrare esternamente che la scuola non vuole formare dei robot che ripetano a macchinetta, ma degli individui capaci di ragionare.
      La mia visione nasce dal fatto che spesso, con i ragazzi che aiuto nello studio, mi devo confrontare a distanza con docenti che affidano spaginate di manuali senza una selezione e, spesso, senza indicazioni e linee guida offerte da una spiegazione autonoma rispetto al testo. Poi, indubbiamente, c'è la variabile del poco impegno o del totale rifiuto degli studenti (che non nego essere importante), ma ritengo che selezionare i contenuti più utili sia preferibile al gettare i ragazzi in pasto a date e tecnicismi.

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  4. L'incapacità della scuola italiana di insegnare la storia e la letteratura moderna e contemporanea è un dato incontrovertibile, resta però il fatto - secondo me ugualmente incontrovertibile - che alla maggior parte dei giovani non piace né la storia né la letteratura, e le studiano con fastidio ritenendole inutili.
    Non credo che il problema sia solo la revisione dei programmi ministeriali (comunque datati e spesso infarciti di nozioni a discapito dei fatti concreti). Il guaio è che siamo fondamentalmente un paese con un alto tasso di analfabetismo volontario, famiglie dove tutti sanno leggere e scrivere ma preferiscono guardare la televisione, preferibilmente i programmi più frivoli e populisti e sono convinti di sapere perfettamente una certa cosa perché lo hanno sentito dire da Barbara D'Urso...
    La scuola italiana ha pessimi programmi e docenti spesso svogliati e demotivati, ma ha - anche - tanti studenti ai quali non frega nulla di apprendere e se potessero avere un diploma senza studiare non ci penserebbero due volte, essendo più interessati al pezzo di carta in sè piuttosto che alla cultura acquisita nel corso degli anni che il diploma dovrebbe sottintendere.
    Per come la vedo io c'è un concorso di colpa.

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    1. Come scrivevo ad Anna nel commento precedente, il dato dello scarso impegno da parte degli studenti ha un notevole peso nell'apprendimento e nella qualità complessiva del sistema formativo. Va però detto che, accanto a studenti demotivati e svogliati, ce ne sono molti che apprezzano queste discipline e che, nel comprenderle, traggono grandi soddisfazioni e alimentano il proprio entusiasmo (solo la settimana scorsa, una ragazza mi ha riempita di gioia dicendo "quanto è bello quando si riesce a capire", e per me un simile commento basta a compensare mille sbuffi di noia di altri studenti svogliati). Allo stesso modo, è vero che nella scuola ci sono insegnanti demotivati (lo si vede anche negli aspiranti docenti che studiano all'università e che non si curano di apprendere, ma vogliono solo togliersi il pensiero di un esame), ma ci sono ancora tanti maestri e professori che lavorano con tenacia e con vero amore per la trasmissione del sapere.
      Un concorso di colpe nel basso livello culturale e nell'assenza di apertura all'apprendimento che si riscontra in studenti e docenti c'è, indubbiamente, ma le indicazioni ministeriali dovrebbero sostenere il valore e la qualità di allievi e insegnanti, non giustificare gli atteggiamenti negativi.

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  5. D'accordissimo!
    Anche la Fisica potrebbe essere insegnata meglio... :P

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    1. Ci sarebbero tanti interventi da fare... ma, a quanto pare, per chi li dovrebbe progettare conta solo la continua riduzione delle ore di lezione!

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  6. Cado dalle nubi, parafrasando un film di qualche annetto fa... Parlo come docente della A051, italiano e latino, triennio liceale, quindi non mi cimento sulla storia, anche se i miei alunni col collega hanno trattato anche di Mani pulite, non certo roba ammuffita. Il problema, per l'italiano, è semmai un altro: le indicazioni nazionali prevedono, nel primo biennio superiore, lo studio della grammatica, oltre a quello delle varie forme del testo, delle tecniche narrative, degli strumenti a disposizione di poeti e narratori, sta poi all'insegnante fare in modo che siano messe in pratica a livello di programmi, che peraltro prevedono al quinto anno lo studio della letteratura del Novecento; non sono d'accordo sul fatto che non vadano studiate le tanto odiate figure retoriche: senza individuarle, riconoscerle, apprezzarle, capire il motivo per cui l'autore X usa l'artificio Y nel testo Z la letteratura si ridurrebbe a LETTURA, operazione meccanica che escluderebbe anche il lavoro, che io personalmente faccio fare, di interpretazione sul testo. Chi non vorrebbe che l'intera classe lavorasse così? Ma quando io - ed è successo - un ragazzo che dal rischio della bocciatura a fine agosto me lo ritrovo a seguire con interesse, a partecipare e ad avanzare ipotesi di lavoro l'anno successivo, sono contento perché so che il mio lavoro è servito, foss'anche solo sulla parafrasi e commento del proemio dell'Orlando Furioso.
    La libertà dell'insegnamento c'è, nelle linee guida, pur con dei paletti che il MIUR impone, ma lo sport nazionale, lamentarsi, fa sempre più seguaci!

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    1. Non mi sono scagliata contro le figure retoriche in generale, ma contro la preferenza che viene data a questi aspetti tecnici - importantissimi, non lo nego - rispetto alla comprensione generale: in un liceo l'approfondimento specialistico sui testi è d'obbligo, ma in altri tipi di istituti sarebbe necessario lavorare su aspetti più basilari della scrittura e dell'interpretazione e sulle figure più riconoscibili, e lo dico non per "discriminare" gli studenti, ma per riconoscere ad ogni indirizzo di studio delle priorità fisiologicamente differenti. La selezione di cui parlo non consiste solo nell'aggiungere autori e periodi storici più recenti (non si può dilatare all'infinito i programmi), ma anche nel rivedere l'impostazione di quelli che già si studiano.
      La mia non è una lamentela, ma una riflessione pacata in cui ho cercato di mettere ordine a constatazioni e interrogativi che mi trovo ad affrontare spesso. Mi sono trovata benissimo a studiare secondo queste impostazioni tradizionali, e non nego il potere che hanno gli insegnanti di apportare modifiche e di coinvolgere i ragazzi (ho avuto docenti che, pur seguendo le linee ministeriali in maniera fedele, sono stati in grado di coinvolgere e fornire una buona preparazione), ma penso che in certi contesti (e molti dei ragazzi che ho seguito ne fanno parte) occorra una flessibilità che non è sempre possibile attuare senza allontanarsi dalle normative ministeriali.

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  7. Sono d'accordo con quanto dici sull'utilità della storia (come dei cclassici), e che il senso di leggere dei buoni testi dovrebbe essere in primo luogo quello di farci riflettere su noi stessi, perché altrimenti non vedo che me ne dovrebbe importare di una serie di guerre avvenute più di duemila anni fa. Tu dici: perché oltre alle Guerre Puniche non parlare anche di Nilde Iotti o Borsellino? E' giusto che lo si faccia ma con quali testi? leggere i noiosi resoconti della Camera o del Senato? oppure di chi scrive la storia con continui copia e incolla e un occhio costante al cellulare? Non mi meraviglio che i testi degli addetti ai lavori siano pieni di errori concettuali e storiografici non a caso ripresi tali e quali dagli autori da cui fanno quel copia e incolla, e se permetti ci soffro un po' al pensiero che mio figlio debba leggere dei testi scritti solo per far carriera universitaria o giornalistica, nelle maggior parte dei casi ci senti un'incapacità di pensare (io porrei come testo preliminare da far leggere a tanti sedicenti futuri storici il volumetto di Heiddegger: Cosa significa pensare).

    Resta il fatto che sulle Guerre Puniche abbiamo autori che hanno in qualche modo superato la prova del tempo, che scrivevano in epoche in cui la retorica (maestra di scrittura, anche se hai ragione: che senso ha oggi insegnarla in quel modo delle figure di parola o di pensiero?) la retorica e lo stile erano un po' tutto, contenuto e forma giustamente si equivalevano e si equivalgono ancora oggi, se un grosso strutturalista parlò ancora negli anni Sessanta del secolo scorso di "stile" in termini di dimensione biologica dell'individuo, e non c'è modo che una persona possa scrivere come un'altra, glielo impedisce la sua stessa biologia, e anche Buffon nel Settecento espresse questa verità nel noto: "lo stile è l'uomo". Magari oggi l'uomo non è più un riferimento tanto certo, la scoperta dell'inconscio in fondo ... Oggi però sotto la spinta del "metodo scientifico" si crede di essere tutti scienziati e ci si dimentica che proprio questo linguaggio "scientifico" (perfino in articoli di genetica o di fisica matematica) col quale si vorrebbe combattere una visione stilistica della scrittura è invece pieno di metafore, sicché la mia impressione, quando leggo autori moderni, a qualsiasi tradizione storiografica appartengano (tu citi l'École des Annales), è che si riveli negli autori una sorta di schizofrenia tartufesca: buttano fuori dalla porta la retorica e la fanno rientrare dalla finestra.

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    1. Il problema delle fonti merita sicuramente attenzione, ma va detto che anche i manuali scolastici sono scritti da docenti unversitari (spesso la selezione dei contenuti risente delle specialità dei docenti) e che, quindi, non sempre si rivelano più adeguati dei testi accademici o degli articoli di giornale (anche se, di norma, si riscontra nel materiale dei docenti un livello più alto di quello della scrittura giornalistica attuale). Trovo che il modo migliore per studiare la storia sia proprio partire dalle fonti, e per gli anni recenti abbiamo contributi audio e video di momenti in cui l'informazione poteva considerarsi ancora tale. Sta poi, ovviamente, all'insegnante guidare gli studenti nella lettura, aiutandoli a decifrare un testo e a capire quanto del pensiero del redattore di un articolo può averne influito la stesura. Un esempio: nel post che avevo dedicato al Referendum del 1946 avevo unito contributi fotografici, manifesti elettorali e un articolo del Corriere della Sera in cui era evidente la volontà dell'autore di invitare a votare per la Repubblica; un docente dovrebbe ammettere tale orientamento di fondo e spiegarlo alla luce del clima in cui l'articolo veniva pubblicato. Le fonti, insomma, non sono mai perfette, complete, infallibili (talvolta sono addirittura fuorvianti e parziali), ma trovo che sia un bene utilizzarle e analizzarle. Che poi vengano pubblicati articoli e testi di forma o contenuti discutibili, questo è un altro discorso, che meriterebbe una trattazione (proabilmente infinita) a parte.

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  8. Sono d'accordo con te, decisamente.
    Lo sto notando maggiormente con mia sorella. Ha 15 anni, frequenta il quarto ginnasio e non sa chi siano Borsellino, Falcone, Dalla Chiesa e via dicendo. Non conosce nulla. Nemmeno la storia d'Europa, ieri mi ha chiesto cosa fosse il Trattato di Maastricht.
    Alla sua età io lo sapevo. I miei insegnanti di storia se ne sono fregati dei programmi ministeriali e ne hanno seguito uno tutto loro dando l'importanza giusta alla storia recente, senza tralasciare tutto il resto.

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    1. Il grave è che i programmi di quinta se la cavano scrivendo "dall'inizio del Novecento ai giorni nostri", ma è ovvio che solo il lume della ragione di un bravo insegnante può portare a selezionare in maniera oculata frammenti e personaggi di storia e letteratura più recenti. Insegnanti troppo ancorati ai programmi sfornano allievi che conoscono a menadito (se studiano, ovviamente) Carlo Magno, ma che, come giustamente rilevi, non hanno neanche una vaga idea della storia più recente. Io sono per Les Annales, per una storia meno cronologica (senza per questo eliminare le date) ma più attenta alle dinamiche sociali e internazionali: sono per una storia che senza escludere Carlo Magno, possa parlarne relazionandosi con il trattato di Maastricht.

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  9. Ciao Cristina! Come sempre, bellissimo post!
    Io comincerò l'ultimo anno di classico a settembre e onestamente avverto molto il problema di cui tu parli. Tutto ciò che studiamo mi sembra la maggior parte delle volte fine a se stesso. "C'è stata questa battaglia in quest'anno, sono morte tot persone ed è salito quest'altro al trono. Platone ha detto questo, questo e questo. Con la Divina Commedia, Dante vuole farci capire che bla bla bla". Personalmente credo che le materie umanistiche, non solo italiano e storia ma per esempio anche filosofia, dovrebbero essere affrontate in modo diverso, per aiutare a capire e a riflettere e non semplicemente ripetere la solita pappardella; inoltre concentrarsi di più sugli "ultimi anni", che per motivi di tempo non si fanno mai.
    Come hai detto tu, il programma scolastico mi sa di vecchio e distante ed io stessa mi rendo conto che senza discussioni, confronti o collegamenti vari resta tutto astratto e finisce nel dimenticatoio spesso e volentieri e dopo troppo poco tempo.

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    1. Grazie, Frannie, e ben tornata dalle vacanze!
      Volevo trasmettere proprio quello che dici e che, come te, penso riconoscano altri studenti: lo stimolo all'apprendimento sarebbe maggiore e più duraturi i risultati se non si insegnasse ad imparare ma a ragionare, costruire, confrontare. Le materie umanistiche si prestano massimamente a questa operazione, anzi, proprio da questo genere di ragionamenti sono nate e maturate.

      ps. Mi fai sempre ricordare con piacere i miei ultimi anni di scuola!

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  10. Sono ormai lontano anni luce dal mondo della scuola ma noto con dispiacere (e senza stupore) che nulla è cambiato. Non voglio entrare nel merito del perché o del percome, visto che è un mondo che non mi appartiene, ma ritengo davvero castrante uscire dalla scuola senza poter avere nemmeno una vaga idea di cosa sia successo nel mondo nell'ultimo secolo.
    Personalmente ho conseguito un diploma tecnico molti anni fa, il che significa che, più che altrove, arti e letterature passano in secondo piano a prescindere. Nel mio caso al momento del diploma eravamo ancora sul Manzoni. Tutto gli autori del Novecento spazzati via senza una parola. Fortunatamente io sono sempre stato un tipo curioso e ho recuperato tutto il recuperabile in seguito, nel mio tempo libero. Tra l'altro credo che costringere studenti adolescenti a soffermarsi per 9 mesi interi su "5 poesie 5" di Leopardi (con tutto il rispetto per il nostro Poeta) equivale a rendere la letteratura un tedio mortale. Non è così che si plasmano le menti.
    La storia viene trattata allo stesso modo: come è possibile comprendere la nostra società se non si conoscono gli avvenimenti italiani da De Gasperi in poi, se non si conoscono le motivazioni del Sessantotto studentesco, le logiche che c'erano dietro le bombe degli anni Settanta, le ragioni che hanno portato oggi questo paese allo sfascio?
    Ho usato più sopra il termine "mondo" non a caso. Oltre a quello che ci viene negato in termini "Italia", non bisogna dimenticare un'altra lacuna ancora più incredibile, quella che ci porta ad ignorare completamente le altre culture. Prendi la Cina o il Giappone, per esempio, con i loro millenni di storia e tradizione: completamente ignorate, neanche stessimo parlando di marziani e di venusiani. Oggi fortunatamente c'è il web a tenere allenate le menti (perlomeno quelle dei più proattivi tra noi). Ma non si può lasciare tutto alla buona volontà di pochi. Dov'è la democrazia?

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    1. Concordo quasi su tutto: Manzoni è uno scoglio immane, che spesso preclude lo studio di altri autori (anche suoi contemporanei, ma soprattutto successivi) e, mentre si richiede nel triennio lo studio della Divina Commedia (non credo, per quanto ami il nostro Poema, che sia giusto dedicare a Dante un'ora settimanale su cinque, peraltro dedicata perlopiù alla parafrasi), si taglia fuori tutto quanto segue Svevo (quando va bene). Puntualmente, però, i testi presentati alla maturità smentiscono le scelte dei prgrammi ministeriali... il solito paradosso italiano!
      Quanto alla storia extraeuropea, va detto che in parte la si studia, ma nei suoi aspetti meno importanti (ad esempio la Cina o l'India medievali) e, comunque, sempre guardando a date e a personaggi dai nomi impronunciabili, anziché a dinamiche sociali ed economiche che aiuterebbero a capire gli assetti mondiali attuali.
      Il colmo è che gli ultimi test per accedere agli esami di abilitazione all'insegnamento dell'Italiano e della Storia vertevano in gran parte su autori successivi al secondo Dopoguerra, alla produzione minore dei principali autori precedenti (di Tasso si chiedeva non la Gerusalemme, ma i sonetti), a date e avvenimenti della storia statunitense o giapponese: pratciamente il ministero cerca insegnanti preparati su tutto, tranne che su quello che il ministero stesso chiede loro di insegnare!

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  11. Sono pienamente d'accordo con te! Sono figlia di un'insegnante delle medie e l'ho sempre sentita dire che le dispiaceva moltissimo non riuscire a finire il programma di Storia (per fare un esempio) perché non c'era mai tempo. Devo darti ragione anche quando dici che alcuni insegnanti non possiedono affatto certe doti: ricordo con terrore quello che avevo al liceo e che in teoria doveva insegnarci la Storia e la Filosofia. Nella pratica lasciava che la sua ora diventasse momento di ricreazione e quando io e i miei compagni siamo arrivati all'anno della maturità il nuovo prof (quello "vecchio" era andato in pensione, grazie a Dio) si è ritrovato in una classe che non sapeva in quale anno fosse stata unita l'Italia e non aveva idea di chi fossero Kant o Hegel!

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    1. A tal proposito, mi credi se ti dico che ho avuto un'insegnante di Storia che ci ha fatto saltare le campagne napoleoniche "perché, comunque, alla morte di Bonaparte, tutto è tornato come prima"? O che proprio stamattina, sfogliando un libro di storia, ho trovato sequele di date e luoghi senza che vi fosse una sola cartina geografica che rendesse visualizzabili le zone di cui si parlava?
      Il problema è che l'educazione e la formazione richiedono un concorso di forze: il ministero, insegnanti appassionati e "coraggiosi" (non solo preparati) e testi che non diventino muri di parole, ma spunti di riflessione. Temo che in questo sistema immobile le cose potranno solo peggiorare...

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  12. Che post, decisamente interessante!! E non posso far altro che concordare con te...
    Ho sempre criticato l'insegnamento italiano e il modo in cui viene fatto...
    Figurati che neanche so chi è Freud, perchè il prof ha detto chiaramente "Tanto non vi serve a meno che qualcuno di voi non vada a psicologia..." E poi ci ha fatto studiare filosofi completamente sconosciuti!
    O un'altra professoressa di storia e filosofia che avevo nel primo anno di liceo, che invece di spiegarci le cose in modo da attirare la nostra attenzione leggeva soltalto... e quando volevi sapere qualcosa nel dettaglio ti rispondeva "ti farò sapere..."
    Io quando andavo al liceo odiavo la storia e sono arrivata quasi ad odiare anche la letteratura italiana... Per fortuna poi, la passione è nata in me da sola poco dopo!

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    1. E per quanto riguarda letteratura italiana, non sono mai arrivata oltre Montale e Ungaretti... Il resto è stato fatto molto, troppo, velocemente!!! T_T

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    2. Se non fosse per il fatto che abbiamo studiato in zone lontanissime, potrei pensare che tu abbia avuto la prof di storia e filosofia che mi ha letteralmente fatto schifare la storia di quarta (meno la filosofia, ma perché la studiavo praticamente da sola, dato che lei non ci capiva visibilmente un'acca); come scrivevo a Mariapiera nel commento qui sopra, questa tizia ha avuto il coraggio di saltare persino Napoleone! Gli insegnanti che fanno lezione esclusivamente leggendo dal libro andrebbero licenziati in tronco, perché oltre ad essere probabilmente poco competenti, non riusciranno mai a far apprezzare le loro materie.

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  13. mi sono diplomata alle magistrali nel 1996 e vedo che anche ora le cose sono rimaste uguali!L'anno della maturità ci siamo persi dietro a tante di quelle sciocchezze che per finire il programma di storia (almeno un'infarinatura della seconda guerra mondiale)la nostra professoressa ci aveva "obbligati" a delle lezioni extra il pomeriggio negli ultimi giorni di scuola!ma si può?la letteratura uguale, anche noi dopo Montale il vuoto totale. I promessi sposi li ho odiati! Analisi dettagliata di ogni capitolo (comprese le note) ogni singolo personaggio tutto a memoria o quasi. Per quanto riguarda la filosofia hai presente Hume, Kant, Fichte Shelling ci credi se ti dico che erano studiati a memoria senza capire una parola? Sono arrivata al punto di odiarli, mi mettevo lì sul libro cercando di capire il loro pensiero ma da sola era difficile, e il professore usava paroloni ancora più complicati dell'autore che dovevamo studiare!

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    1. Proprio stamani parlavo con uno studente di questo vizio nello studio della filosofia. Lui si lamentava del fatto di essere costretto ad imparare a memoria, perché sosteneva che sarebbe più produttivo (nonché meno difficile in fase di studio) capire il pensiero dei filosofi e riportarlo con parole proprie, che non significa accantonare termini specifici, ma, piuttosto, dimostrare di saperli collegare in un pensiero coerente. Vagli a spiegare che ha perfettamente ragione e che un docente che pretende il contrario sarebbe meglio che andasse ad istruire i pappagalli! Sentire un simile ragionamento da un sedicenne mi ha incoraggiata: abbiamo ancora tanti giovani desiderosi di imparare e capire. Dovremmo però incoraggiare questa loro rarissima disposizione e non castrarla con l'apprendimento mnemonico!

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  14. Ciao!

    Giungo qui per la prima volta, ho dato un'occhiatina rapida al blog, e mi trovo d'accordo con te.

    La scuola dovrebbe insegnare a ragionare e a formare delle persone che siano complete a 20 anni, invece questa obsolescenza non aiuta oggi.
    Non condanno la memoria, ma rivendico la capacità critica che gli "attuali" programmi non permettono di coltivare.

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    1. Ciao e benvenuta, Cris!
      Purtroppo in Italia ci sono ancora troppe persone (anche nel corpo insegnanti) che identificano l'apprendimento con il sapere a memoria: non vengono stimolate le connessioni, si invita a ripetere all'infinito la stessa sequela di numeri, date, concetti e definizioni. Sono convinta che una scuola che stimoli la capacità critica, il vero pensiero, sarebbe anche una scuola con alunni in minore difficoltà e più acuta nel riconoscere e valorizzare il merito.

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