Oggi, nel centenario dell'inizio di uno dei periodi più sconvolgenti della storia dell'umanità, una riflessione è doverosa.
I due spari usciti dalla pistola dell'irredentista bosniaco Gavrilo Princip cambiarono davvero il mondo, furono in realtà due enormi bombe che polverizzarono qualsiasi strumento diplomatico.
La tensione politica, ideologica e tecnologica era troppo elevata per un'analisi lucida e razionale della situazione e ciò che avvenne fra il 1914 e il 1918 non ha eguali nella storia dell'uomo, per questo, ancora oggi, si usa palare del primo conflitto mondiale come di Grande Guerra. Il solo motivo per cui la seconda Guerra mondiale, pur più sanguinosa e ancor più vasta, con un numero di vittime civili enorme e operazioni più frenetiche, non si è vista attribuire tale definizione risiede, secondo Hobsbawm, nella convinzione, implicita già negli accordi di Versailles, che essa non fosse altro che la continuazione della prima.
Che cosa c'era, dunque, dietro alla repentina evoluzione degli avvenimenti dallo sparo di Princip ad una dichiarazione di guerra che non rimase contenuta entro il territorio per cui i proiettili erano stati messi in canna, ma si espanse a tutta l'Europa, all'Asia e all'Africa? Non c'era solo il desiderio di indipendenza degli Slavi affrancati dall'Impero ottomano e recalcitranti a sottomettersi a quello asburgico, non c'era solo il sostegno russo alla Serbia antiaustriaca, non c'era solo l'umiliazione subita dalla Francia a Sedan ad opera della Germania che proprio nella sua Versailles aveva fondato il secondo Reich. C'era tutto questo e molto altro.
Tre furono i principali fronti di terra: quello occidentale, lungo il quale si confrontarono, dopo lo svanire del miraggio della guerra-lampo inseguito da Schlieffen, Francia e Germania, quello orientale, dove premeva la Russia e, infine, quello meridionale, dove un esercito italiano disorientato, privo di guide competenti e imbottito di una retorica imbarazzante (che ben si nota leggendo le testimonianze di guerra di Emilio Lussu, Erich Maria Remarque e Andreas Latzko) e lottava per completare l'unificazione nazionale. Ma la guerra si combatté anche nei cieli e nei mari e sotto di essi, soprattutto fra Germania e Inghilterra.
C.M.«Se qualcuno dei grandi ministri o diplomatici del passato [...] si fosse levato dalla tomba per osservare la prima guerra mondiale, si sarebbe certamente chiesto perché degli statisti intelligenti non avessero deciso di trovare una soluzione di compromesso ai conflitti internazionali, prima che la guerra distruggesse il mondo. [...] Perché, dunque, la prima guerra mondiale fu condotta [...] come una guerra che poteva essere totalmente vinta o interamente perduta? La ragione fu che questa guerra, diversamente dalle precedenti, che erano condotte per obiettivi limitati e specifici, aveva come posta scopi illimitati. Nell'età degli imperi, la politica e l'economia si erano fuse. La rivalità politica internazionale si modellava sulla crescita e sulla competizione economiche, ma la caratteristica di questi processi era per l'appunto la loro illimitatezza.» (E. Hobsbawm, Op. cit., p. 42).
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