Il treno ha fischiato, l'artista l'ha immortalato

Inventato all'inizio del XIX secolo, il treno diventa immediatamente il simbolo del progresso, la rappresentazione del grado più alto raggiunto dalla tecnologia occidentale. In realtà la storia di questo mezzo di locomozione è iniziata molti anni prima: nel 1769 Nicolas Cugnot, facendo tesoro dell'innovazione di James Watt, aveva realizzato il primo esemplare di macchina a vapore e, progetto dopo progetto, si è arrivati nel 1801 al primo modello di locomotiva, la Coalbrookdale, impiegata per trainare i carrelli nelle miniere. Sono gli ingegneri della famiglia Stephenson a dotare le successive locomotive di motori in grado di potenziarne il traino, cosicché, nel 1825, si giunge alla prima applicazione commerciale del mezzo, che dà inizio alla diffusione del trasporto su rotaia, al punto che la presenza stessa delle strade ferrate diventa emblema della civiltà.  

P. Rizzo, Treno in corsa (1929), Archivio Rizzo
La ferrovia diviene in brevissimo tempo il mezzo di comunicazione più efficace e i governi di Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania e Italia (in questo caso con notevole ritardo) concentrano su di essa enormi capitali: Lincoln lo usa per la campagna elettorale, i governatori coloniali la sfruttano come principale strumento di controllo del territorio; nel 1883 iniziarono i viaggi dell'Orient Express, che collega Parigi e Costantinopoli e nel 1903 viene inaugurata la Transiberiana per collegare Mosca al porto di Vladivostok e durante i due conflitti mondiali l'importanza strategica delle ferrovie cresce a dismisura.
Non stupisce, dunque, che il treno abbia nutrito un ricco immaginario, conquistandosi un ruolo di primo piano nella letteratura: pensiamo al viaggio di Jurij Živago attraverso la Russia, alla sfortunata vicenda di Anna Karenina, la cui storia d'amore con Vronskij ha inizio e fine proprio in una stazione ferroviaria o alle riflessioni di Giacomo Aghios durante il suo spostamento da Milano a Trieste. 
L'arte, ovviamente, non tarda a registrare la presenza di questo nuovo ritrovato tecnologico.
È William Turner, nel 1844, ad immortalare per la prima volta nel suo celebre dipinto Pioggia, vapore e velocità, un treno in corsa. Sceglie, forse sulla base di una suggestione personale colta durante un viaggio, di riprendere il mezzo frontalmente, mentre percorre il ponte sul Tamigi fra Taplow e Maidenhead, allontanandosi da Londra. I particolarissimi effetti della ricerca luministica e coloristica dell'artista romantico, che arriva a confondere, come spesso accade nelle sue opere, il cielo, l'acqua e la terra, viene qui piegato alla resa dell'effetto della velocità, a cogliere il turbinio di vento e calore smosso dal passaggio del treno, attorno al quale tutto si dissolve.

J.M.W. Turner, Pioggia, vapore e velocità (1844), Londra, National Gallery

Non molti anni dopo il testimone del ritratto del treno passa nelle mani di Claude Monet, che realizza diversi quadri con questo soggetto, soprattutto negli anni 1875-1877. A questo periodo risalgono sia Il treno nella neve, dipinto nell'inverno del 1875 trascorso ad Argenteuil con la ripresa del taglio diagonale della ferrovia già scelto da Turner e una fusione di colore fra il cielo e il fumo della locomotiva e, soprattutto, negli esemplari dedicati alla Gare Saint-Lazare.

C. Monet, Il treno nella neve (1877), Parigi, Musée Marmottan-Monet

In due rappresentazioni della stazione parigina incontriamo due diverse visioni determinate dalle variazioni del punto di osservazione e della luce: L'arrivo del treno a Saint-Lazare appare più confusionario, concentrato sugli spostamenti dei treni presso uno scambio e con la presenza, in primo piano, di un operaio dello scalo: il fumo della locomotiva di destra si alza in una densa nuvola azzurra che sale verso il soffitto di ferro e vetro. Più rarefatta, meno definita nella ripresa del treno e rivolta alla rappresentazione della comodità del viaggio che attende i passeggeri appare invece la seconda tela, dove dominano incontrastate le tonalità dell'azzurro. 

C. Monet, Gare Saint-Lazare - L'arrivo del treno (1877), Massachussets, Fogg Art Museum

L'artista francese conduce quindi la sua ricerca di luce non solo sugli ambienti naturali o sulle strutture architettoniche, ma si dedica anche alla rappresentazione di una realtà modernissima, fatta di velocità e forse proprio per questa adatta all'impressione. È questo, d'altronde, l'orizzonte reale dell'uomo del XIX secolo e, ammirando le rappresentazioni di Monet della Gare Saint-Lazare lo scrittore e giornalista Emile Zola dichiara che «vi si sente lo sferragliare dei treni che arrivano veloci, si vedono le zaffate di fumo che roteano sotto i vasti hangar. Oggi la pittura è là, in quegli ambienti moderni con la loro bella grandezza. I nostri artisti devono scoprire la poesia delle stazioni come i loro padri scoprirono quella delle foreste e dei fiumi».

C. Monet, Gare Saint-Lazare (1877), Parigi, Musée d'Orsay

Sognante e fantasioso è, qualche anno dopo, il treno di Evard Munch: nel 1900 conferisce a Il fumo della locomotiva un'impostazione orizzontale, in cui il treno è in posizione ribassata rispetto al centro della tela e nascosto da una fila di alberi sopra i quali si leva il vapore. La nuvola bianca non è svirgolettata come nei dipinti di Monet, ma densa, corposa e con sfumature dorate che danno al quadro una connotazione più da mondo fiabesco che da società industriale, accentuata dalla presenza del lago e del cielo che, con i loro riflessi multicolori, delicati e rilassanti, sembrano come adagiarsi morbidamente sul fumo.

E. Munch, Il fumo della locomotiva (1900), Oslo, Munch Museum

La scelta di Munch sembra riallacciarsi alla prima rappresentazione della ferrovia di Monet che, nel 1870, prima dell'affermazione dell'Impressionismo e molto meno nota della serie di Saint-Lazare, aveva relegato il treno ad un elemento di sfondo, decisamente marginale rispetto ad una veduta campagnola, come se Il treno nella campagna rappresentasse il timido affacciarsi della società industriale e il tentativo dell'artista di transitare gradualmente dalla natura alla tecnologia.

C. Monet, Il treno in campagna (1870), Parigi, Musée d'Orsay

Ad impossessarsi con maggiore foga dell'iconografia del treno sono però i Futuristi, che in esso vedono una manifestazione di quell'irruenza, di quella potenza, di quel rumore e di quella velocità che invocavano a gran voce fin dal manifesto del 1909. Prima dell'esplosione dell'avanguardia, però, Umberto Boccioni, che ne diventerà a breve il maggior esponente in campo artistico, realizza un dipinto molto tradizionale e lontanissimo dai canoni futuristi: è il 1908 e Il treno che passa si concentra su un'enorme distesa di grano alle spalle della quale si intravede il mare e in cui la locomotiva sembra quasi un elemento estraneo, che deve transitare perché sia ristabilita la naturalezza dell'ambiente. È forse la preparazione alla scomposizione di forme e all'irruenza della simultaneità che si prepara per gli anni seguenti.

U. Boccioni, Il treno che passa (1908), Lugano, Museo Civico di Belle Arti

Nel 1916 Renato Marcello Baldessari dipinge Velocità+treno+folla, descrivendo una locomotiva dai piani scomposti per rendere quell'effetto di velocità e simultaneità di visione che recupera alcuni esiti del cubismo e che produce una nuova fusione fra il treno, la stazione, il cielo e la folla attraverso la sovrapposizione delle sagome e delle masse: i corpi dei viaggiatori si intravedono, ma sono dissolti nell'atmosfera che dividono col treno, come se vi fossero già saliti e la loro presenza sulla banchina appartenesse al passato.

R.M. Baldessari, Velocità+treno+folla (1916)

Simili nell'idea ma molto differenti nella visualizzazione risultano i treni di Pippo Rizzo, futurista siciliano che si dedica in più di un'occasione al tema delle ferrovia: nelle sue scomposizioni dominano i colori azzurri e blu e una scansione geometrica dello spazio circostante il treno che mira a rendere il piegarsi del fumo verso la coda (nella visione frontale del 1929) o la rapidità del passaggio nel Treno notturno in corsa (1920).

P. Rizzo, Treno notturno in corsa (1920), Archivio Rizzo

F. Depero, Treno partorito dal sole (1924),
Collezione privata
Con questa sua resa variopinta, Rizzo sembra incorniciare la versione fiabesco-pubblicitaria di Fortunato Depero (1924), che recupera una visione diagonale del treno, avvolgendo però i binari in una coda a semicerchio, ed elimina ogni traccia di verosimiglianza: locomotiva è ridotta ad un insieme di volumi geometrici e il fumo ad un rampollare di curve grigie che salgono dal sole o, meglio, nel rispetto del titolo Treno partorito dal sole, discendono da esso come un elemento naturale quanto le piante e l'uccello azzurro posti a corona dei binari.
Tante visioni diverse, segno di una società che è cambiata nel tempo e di un'arte che ha cercato, di volta in volta, di adeguarvisi o di sfuggirvi ricercando la strada della fantasia. Ancora oggi il treno alimenta un ricchissimo immaginario e c'è da scommettere che, con la sua capacità di unire terre lontane come nessun altro mezzo grazie alla fissità delle strade ferrate lungo le quali si muove, questo mezzo continuerà ad attirare su di sé gli sguardi delle future generazioni di artisti.

C.M.

Commenti

  1. Bellissimo il dipinto di Turner! gli resi omaggio poco tempo fa in due post, di cui in uno parlo nel particolare della locomotiva dipinta da Turner :-)
    http://artesplorando.blogspot.it/2014/07/omaggio-turner-2.html

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    1. Me li ricordo bene, post molto interessanti: non si rende mai eccessivo omaggio a questo grande artista! :)

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  2. Bello,bello,bello!
    Ti lascio un appunto riguardo Zola :

    "Che importanza avevano le vittime che la locomotiva travolgeva nella sua corsa?Non si precipitava forse verso l'avvenire,incurante del sangue versato?Senza conducente,in mezzo alle tenebre,come una bestia cieca e sorda,correva verso la morte,carica di carne da cannone:di quei soldati,abbruttiti dalla stanchezza,e ubriachi,che continuavano a cantare."

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    1. Dici Michela, Dici Zola: sempre interessantissime e molto significative le notizie e gli interventi di questo autore da te riportati!
      In questo passo mi sembra quasi che ci sia una critica all'ideologia positivista del progresso finalizzato al miglioramento della condizione umana.
      Molto, molto gradito questo tuo approfondimento, grazie!

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  3. Articolo fantastico, Cristina! I dipinti di Claude Monet che hai proposto sono in assoluto tra i miei preferiti dell'artista, Maestro dell'Impressionismo, movimento che ho da sempre amato! Il treno è un'icona nell'immaginario collettivo, è proprio vero: unisce il sogno di esplorare e conoscere, attraverso la natura, e la tecnologia, simbolo della civiltà che cambia. Davvero Stupendo!

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    1. Grazie, Giuseppe! Monet è certamente l'artista più significativo in questa rassegna, sia per il suo ruolo nella fondazione dell'Impressionismo, sia per l'ampia serie di dipinti dedicati al tema del treno; la selezione è stata dura, ma non volevo un post troppo sbilanciato in favore di Monet, anche perché mi interessava evidenziare il passaggio alla visione futurista: se gli artisti dell'Ottocento manifestano come un bisogno di inserire il progresso tecnologico nei loro dipinti, mantenendo il legame con la natura e l'uomo grazie al paesaggio circostante o alla presenza dei passeggeri, gli avanguardisti si concentrano solo sul mezzo, sulla sua velocità, nella quale tutto si dissolve perché meno importante... è il trionfo della macchina.

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  4. Ricordo scene narrative bellissime de "Il giro del mondo in ottanta giorni" in cui i protagonisti attraversavano in treno gli Stati Uniti dovendo fermarsi perché sorpresi da una mandria di bufali in transito.

    Da piccola prendevo spesso il treno per andare dai miei parenti al Nord e nonostante sia un mezzo stressante per i lunghi tempi e le pause, il viaggio ha sempre un suo fascino! Certo, nulla però di paragonabile a quello che poteva provare chi stava scoprendolo per la prima volta!

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    1. Un altro bellissimo libro: la letteratura sui treni meriterebbe uno spazio tutto per sé e probabilmente dimenticheremmo sempre qualche testo, tante sono state le suggestioni!
      Quanto al fascino esercitato dal viaggio e dal treno non si fatica a spiegarlo proprio come una reazione naturale quanto quella di un bambino (e qui torno a citare Corto viaggio sentimentale): Pascoli sosteneva che il poeta dovesse approcciarsi alla realtà con la purezza, la curiosità e la capacità di stupirsi di un fanciullo... penso che per questi nostri artisti possa valere lo stesso pricipio, la necessità di avvicinarsi nel modo più chiaro possibile ad un mezzo nuovo e capace di dischiudere orizzonti e di restituire attraversl l'arte quell'idea!

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