Un'allegoria alessandrina: la Tazza Farnese

Fra le arti minori praticate già dagli antichi va annoverata la glittica, cioè la tecnica di incisione e intaglio delle pietre dure, praticata essenzialmente a scopo ornamentale e particolarmente in voga in età ellenistica e romana. Inizialmente l'incisione sulle gemme si lega ai sigilli posti sugli anelli a scopo di firma, ma diviene ben presto un modo estremamente raffinato di decorazione di oggetti vari, spesso con la tecnica della lavorazione a strati che produce l'effetto cammeo. Se è ben nota la produzione di piccoli monili e gemme di ridotte dimensioni, meno conosciuti sono i manufatti più grandi ottenuti con lo stesso tipo di tecnica. 

Tazza Farnese, interno con rappresentazione allegorica (da Wikipedia)

Uno di questi è la Tazza Farnese, un piatto di agata sardonica dal diametro di 20 cm realizzata in ambiente alessandrino e lavorata sia nella parte interna che all'esterno, interamente occupato da un Gorgoneion, la rappresentazione del capo mozzato di Medusa usato fin dall'età arcaica con funzione apotropaica. Più complessa è la raffigurazione sulla superficie principale, entro la quale trovano posto sette figure di difficile identificazione: sulla sinistra un vecchio che tiene una cornucopia si volge verso il centro della tazza, dove trovano posto un giovane che impugna un aratro e un coltello e una donna adagiata su una sfinge che tiene alcune spighe; lungo il bordo destro dell'iconografia sono collocate due fanciulle e, nella parte superiore, sospesi nel cielo, volteggiano due nudi. L'attribuzione di identità è abbastanza sicura per le figure minori ed è quasi certo che i due giovani alati rappresentino i venti e le ragazze sedute all'esterno le Horai, simbolo del ciclo delle stagioni; più difficile appare invece l'illuminazione dell'allegoria celata dietro ai tre personaggi principali.
A tal proposito, va detto che l'intera arte ellenistica (ivi compresa l'arte letteraria, in particolare quella poetica) è caratterizzata da un forte simbolismo, da fittissime reti di riferimenti colti ed eruditi che si spiegano con la fruizione fortemente elitaria della cultura del III-II sec. a.C.: artisti e poeti creano per un pubblico di intellettuali, sovrani o nobili imbevuti di una cultura raffinata e molto selezionata e il valore dell'arte è direttamente proporzionale alla sua densità espressiva e alla sua capacità allusiva.
La glittica è particolarmente ricettiva nei confronti di questa complessità, al punto che, spesso, essa attesta, con i suoi soggetti, iconografie di miti minori o poco conosciuti o artificiose composizioni di scopo propagandistico; in quest'ultimo senso verrà sfruttata da Augusto (si pensi alla Gemma augustea), ma, in qualche modo, la stessa Tazza Farnese, datata al II-I sec.a.C., si riconduce a questa funzione celebrativa. Il soggetto, infatti, è stato letto sia come un'allegoria mitologica sia come una traduzione della stessa in forme di encomio dinastico.
Ad Adolf Furtwängler (1853-1907) si deve la prima interpretazione, secondo la quale la Tazza Farnese rappresenterebbe il ciclo di rigenerazione permesso dal Nilo, impersonato dal vecchio recante la cornucopia, simbolo di abbondanza; in tale ottica, la figura femminile al centro non sarebbe altri che Iside-Eutheneia, personificazione della piena del Nilo che assicura fertilità e il giovane con l'aratro sarebbe Horus-Trittolemo, che per primo, ammaestrato da Demetra (una figura che converge nel sincretismo religioso ellenistico nell'egizia Iside), avrebbe per primo introdotto la tecnica della coltivazione.
L'interpretazione politico-dinastica risale invece a Jean Charbonneaux (1895-1969), che ha ritenuto di poter datare il manufatto intorno allea metà del II sec.a.C. identificando la donna e il giovane con Cleopatra I e suo figlio Tolomeo VI Filometore, in riferimento alla reggenza esercitata dalla sovrana in luogo del ragazzo, troppo giovane per diventare re alla morte del padre. Propende però per una datazione più bassa, intorno al 100 a.C., Frédéric Louis Bastet (1929-2008), che ritiene che i sovrani oggetto della raffigurazione siano invece Cleopatra III e Tolomeo Alessandro.

Tazza Farnese, esterno con Gorgoneion (da Wikipedia)

La storia nobiliare del pezzo, tuttavia, non è limitata al soggetto, ma coinvolge anche la storia stessa della Tazza Farnese. Il manufatto entra nella prestigiosissima collezione di antichità di Lorenzo il Magnifico nel 1471, forse attraverso un'asta dei beni appartenuti a papa Paolo II Barbo voluta dal suo successore Sisto IV della Rovere (Barbo l'ha forse ricevuta come dono degli aragonesi nel corso delle trattative fra le potenze europee per contrastare l'espansione turca nel mediterraneo). La Tazza Farnese lascia la proprietà medicea nel 1538, perché Margherita d'Austria, vedova di Alessandro de'Medici, la porta con sé in occasione del matrimonio con Ottavio Farnese e il passaggio a questa nuova collezione spiega la nomenclatura del pezzo, acquisito poi dagli Aragonesi fino a giungere nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove è ancora ammirabile grazie alle prodezze del restauro resosi necessario dopo la rottura del manufatto ad opera di un custode maldestro.

C.M.

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