Il fu Mattia Pascal - Luigi Pirandello

Il fu Mattia Pascal (1904) è uno dei romanzi più conosciuti della letteratura italiana, di certo il testo che molte generazioni di studenti associano in modo più immediato al suo autore. Anche questo libro, infatti, presenta la tipica amarezza della riflessione pirandelliana, offrendosi come l'esempio più lampante dell'impossibilità, da parte dell'uomo, di aderire pienamente alla sola Vita abbandonando la Forma. Sono questi i due poli attorno ai quali si sviluppa la filosofia dell'autore agrigentino, costantemente occupato a definire il disagio personale e sociale originato dal loro contrasto: da una parte c'è l'individuo con le proprie pulsioni, le proprie idee, il proprio personalissimo insieme di convinzioni e attitudini, dall'altra c'è la cristallizzazione delle convenzioni interpersonali, sociali, economiche e burocratiche che obbligano l'individuo a conformarsi a determinate regole, abitudini, ideologie. Ne nasce un contrasto insanabile, figlio, come la nevrosi di Zeno, di un'era labirintica, in cui l'uomo, gettato in un magma dominato dal relativismo, sperimenta lo stesso disorientamento provocato dalla rivoluzione copernicana. Non a caso, nelle prime pagine de Il fu Mattia Pascal troviamo proprio un'astiosa (e ovviamente ironica) dichiarazione: «Maledetto sia Copernico!»

Mattia Pascal è l'uomo che si ribella alla Forma, credendo di vedere di fronte a sé l'opportunità preziosa di un cambiamento: smettere di essere se stesso, l'insieme di forme che lo rendono riconoscibile, e assumere una nuova identità che aderisca pienamente a ciò che lui è realmente, alla Vita. L'esistenza di Mattia, infatti, è segnata dalla successione di situazioni infelici, lutti e rapporti contrastati: la bancarotta causata da un improvvido amministratore, la morte della madre e delle figlie, l'inaridirsi del rapporto con la moglie e l'insopportabile presenza della suocera. Allontanatosi da casa per un certo periodo, Mattia Pascal accumula una notevole vincita al Casinò di Montecarlo sennonché, durante il viaggio di ritorno, legge su un giornale ligure la notizia della propria morte: il corpo irriconoscibile di un uomo è stato trovato a Miragno, nella gora vicina alle proprietà di Mattia Pascal, e immediatamente identificato proprio come Mattia Pascal dalla moglie e dalla suocera. Inizialmente sconvolto dalla rivelazione e dalla prontezza con cui i familiari hanno approfittato dell'occasione di dichiararlo deceduto, Mattia Pascal decide ben presto di cogliere l'occasione di quella morte apparente per liberarsi di tutte le zavorre della vita precedente. Assume, dunque, l'identità fittizia di Adriano Meis, un torinese nato nelle Americhe e cresciuto dal nonno, senza più nessuno al mondo e desideroso solo di viaggiare, in una serie di spostamenti per l'Europa al termine dei quali si stabilisce a Roma, affittando una camera presso Anselmo Paleari. Nell'appartamento romano, però, si susseguono diversi episodi che mettono a dura prova la possibilità di Adriano Meis di essere riconosciuto come vivente: privo di documenti, egli non può denunciare un'aggressione avvenuta per il suo tentativo di difendere una donna e il furto di denaro perpetrato dal genero di Paleari, ma nemmeno può sperare di sposare la dolce Adriana, figlia di Anselmo; sicché, dopo l'ennesima situazione in cui si trova incapacitato a far valere legalmente le proprie ragioni, Adriano Meis decide di inscenare il proprio suicidio e di ritornare a Miragno. Ma nuove sorprese non si fanno attendere e il ritornato Mattia Pascal scopre ben presto di non poter nemmeno riacquisire la vecchia Forma e di essere condannato, di fatto, a non esistere più.
La storia di Mattia Pascal è quella del peccato originale dell'uomo di inizio Novecento: consapevole di essere un individuo annichilito dall'omologazione della società di massa che lo costringe a vivere di apparenze e ruoli predefiniti (con gli annessi problemi) egli ricerca una via di fuga, imparando, a proprie spese, che la società stessa le taglia tutte, condannando chi tenta di sfuggirle ad essere nessuno, a non essere riconosciuto o ad essere creduto pazzo, quando non a diventarlo realmente. Mattia Pascal, come Vitangelo Moscarda, Enrico IV e moltissimi altri dei personaggi plasmati da Luigi Pirandello è un ricercatore della Vita soffocato dalla Forma, ma che, proprio in virtù del suo abbandono della Forma assume la prospettiva lucida e straniata che gli permette di denunciare la fragilità di tali apparenze, della società, delle convenzioni, delle ideologie cui sono solitamente associate la sicurezza e la normalità. Solo lui può vedere lo «strappo nel cielo di carta» che squarcia il teatro e dà all'uomo/attore la consapevolezza di appartenere ad una realtà più ampia e problematica di quella accogliente e rassicurante costituita dal palcoscenico: una realtà fatta di dubbi, storture, incertezze, che travolge come un turbine le pagine di un copione fino a quel momento seguito alla lettera.

Vedevo finalmente; vedevo in tutta la sua crudezza la frode della mia illusione: che cos'era in fondo ciò che m'era sembrata la più grande delle fortune, nella mia prima ebbrezza della mia liberazione?

C.M.

Commenti

  1. Ciao, cercando in rete informazioni per aprire un blog ho trovato il tuo, che mi sembra davvero ben fatto e con contenuti molto interessanti (molte tue passioni sono anche le mie). Ho deciso quindi di seguirlo. Se ti va di seguire anche tu il mio e magari linkarlo mi fa piacere, anche se al momento è ancora scarno. Conto comunque di arricchirlo presto. A presto. Vito
    lathebiosas2015.blogspot.it

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    1. Ciao, Vito, e benvenuto! Passerò a trovarti prossimamente, seguendo l'avvio del tuo blog! Grazie della segnalazione!

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  2. Lo ho letto un paio di anni fa questo libro. Sicuramente è molto ricco di significato e lo ho apprezzato. Forse però in alcuni punti lo ho trovato un pò 'lento'.

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    1. Lo è, in effetti, soprattutto nei primi capitoli. Questa constatazione mi ha portato - caso più unico che raro - a rivedere il mio giudizio rispetto alla prima lettura in maniera negativa, soprattutto nel confronto con Uno, nessuno e centomila, cui ho dato pieni voti... Il fu Mattia Pascal è più fortunato, ma, a mio avviso, meno efficace e illuminante.

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  3. Cristina, complimenti per la bella analisi! E' stato un vero piacere ripercorrere questo testo pirandelliano attraverso le tue parole.

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    1. Beh, l'ho quasi sezionato perché la ripresa degli autori Pirandello e Svevo nell'ambito del tirocinio mi ha riacceso l'amore - non dimenticato, ma momentaneamente "sonnecchiante" - per il loro pensiero... e Pirandello è il mio mito!
      Grazie di aver apprezzato il pezzo! :)

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  4. Pirandello mi è sempre piaciuto tantissimo, scolasticamente parlando, poichè ancora non ho letto nessuna sua opera integralmente.
    Il fu Mattia Pascal è quello che sicuramente mi ispira di più.
    Al liceo mi colpì soprattutto il passo sulla filosofia del lanternino.
    Semplicemente stupendo!

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    1. Io ho preferito Uno, nessuno e centomila, ma Il fu Mattia Pascal è molto più narrativo, quindi, forse, come prima lettura integrale è più adatto!

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