La "buona" scuola, ovvero il lavoro non pagato

Non mi entusiasma affrontare argomenti che tirino in ballo la politica, però non c'è nulla da fare: la scuola è prima di tutto un argomento culturale, ed è inevitabile che parlando di sfaldamento del sistema di istruzione si finisca per toccare corde politiche, specialmente di fronte ad un governo che si è fatto propaganda con uno slogan grottesco qual è quello della 'Buona scuola'. Ora, ho già avuto modo, chiarendo un altro tipo di strumentalizzazione della legge, di esprimere il mio fastidio per questa formula, tutta mediatica, che appioppa alla Legge 107 una definizione accattivante e ottimista ad un contenuto che di buono non ha nulla; al di là del giudizio sulla riforma, comunque, è a dir poco vergognoso che un governo, da solo, usi una definizione del genere per un proprio provvedimento. Per cui sappiate che mi sentirete parlare di 'Buona scuola' solo per sottolineare l'idea perversa di buono che essa maschera.
Vediamo nel dettaglio cosa la quotidianità didattica sta rivelando della riforma.

  • La 'Buona scuola' assume docenti?
No. La Legge 107 prevede l'assunzione a tempo indeterminato di molti docenti secondo diverse fasi di convocazione (che devono ancora concludersi), ma questo non determina la creazione di posti di lavoro, né una lodevole iniziativa di un governo interessato ai precari, dato che i posti coperti sono quelli da anni occupati da docenti a tempo determinato con titoli di studio e servizio che avevano diritto alla stabilizzazione ben prima di questo anno scolastico 2015/2016. Erano posti vacanti da anni, insomma. Poi, dato che ce la prendiamo sempre con il motto «L'Europa lo vuole», mettiamo in chiaro che tali stabilizzazioni sono state richieste dall'UE dietro minaccia di sanzioni non per vessare l'Italia, ma per tutelare i lavoratori secondo la normativa che vieta esplicitamente che un incarico a tempo determinato venga rinnovato da uno stesso datore di lavoro (in questo caso il MIUR) per un periodo superiore ai tre anni. Va detto che la normativa, comunque, non contempla la stabilizzazione del personale non abilitato (quindi non destinatario del concorso per le future assunzioni) che raggiungerà i requisiti dei tre anni di servizio dal 2016 in avanti. Che fine faranno questi insegnanti che, privi del titolo di abilitazione e del superamento del concorso, avranno comunque garantito il funzionamento del sistema nazionale di istruzione?
  • La 'Buona scuola' mette fine alla 'supplentite'?
Probabilmente no. Gli Istituti scolastici devono provvedere alla nomina di supplenti per incarichi che superino i dieci giorni, mentre possono gestire con una relativa autonomia periodi più brevi. Molte scuole, soprattutto del primo ciclo di istruzione (primaria e secondaria di primo grado), negli ultimi anni hanno contattato i supplenti anche per coperture di un solo giorno, per il semplice motivo che, in presenza di minori, va garantita la sorveglianza, e l'eliminazione delle compresenze con la riduzione dell'orario dei docenti alle sole ore di lezione frontale non permetteva più di sostenere le supplenze con il solo organico d'istituto. Questo fenomeno, nel discutibile linguaggio Twitter-style di cui fa uso il governo, ha preso il nome di 'supplentite' ed è stato fatto passare come un vizio dei docenti e della scuola in generale. 
Come lo risolve la legge 107? Con la fase di assunzioni C, si direbbe: un ciclo di contratti a tempo indeterminato che prevede la costruzione di un organico potenziato da sfruttare per la realizzazione dei progetti (le varie attività che ampliano l'offerta formativa delle singole scuole) e, all'occorrenza, da spedire a fare i supplenti, quale che sia la loro classe di insegnamento. Ciò vuol dire che per nove giorni una classe di studenti può restare senza docente di lettere (che può arrivare ad avere anche nove o più ore in una singola classe) e vedersi assegnare come sostituto un docente abilitato all'insegnamento di una disciplina che nel corso di studi di quella classe non è prevista. Ciò significa totale interruzione delle attività disciplinari, dato che un docente di francese o chimica non può insegnare francese o chimica in un biennio del liceo classico. Questo solo per fare un esempio. 
Ma c'è di più: se il suddetto docente è stato assunto per garantire lo svolgimento dei progetti extracurricolari e quei progetti vengono sospesi se il professore o maestro occorre come supplente, va da sé che non è più garantita l'offerta formativa, ipotesi che non è proprio una sciocchezza, dato che il Piano dell'offerta formativa (POF) equivale ad un contratto, in quanto approvato dal Consiglio d'Istituto. Quindi, oltre ad essere danneggiata l'offerta formativa, saranno assunti veri e propri 'supplenti di ruolo' totalmente deprofessionalizzati e, di conseguenza, messi nelle condizioni di non poter garantire un efficace formazione in settori che siano avulsi da quello della loro specializzazione. Questi posti creati artificialmente per tappare i buchi (forma molto sgradevole ma corrispondente a verità) potevano benissimo essere destinati alla creazione di nuovi posti per la gestione di gruppi di alunni più contenuti, iniziando a smantellare la piaga delle 'classi pollaio', che è il vero e principale problema della didattica. Se una classe di 15 allievi perde nove ore di lettere perché non c'è un supplente di lettere che possa sostituire il titolare, in qualche modo si recuperano; se queste ore sfumano in una sezione di 30 alunni è una tragedia. Le supplenze si potevano coprire tranquillamente ammettendo la messa a disposizione di ore eccedenti alla vecchia maniera. Del resto, nulla vieta che anche il 'supplente di ruolo' si possa beccare un'influenza. Insomma, il taglio fatto in passato per risparmiare è destinato a tramutarsi nell'ennesima dequalificazione dei docenti e della didattica.
  • Gli insegnanti vengono maggiormente gratificati?
Per niente. A parte la deprofessionalizzazione appena descritta per gli assunti in fase C, ci sono altri problemi che questa frasetta nasconde. Problema n° 1: il comitato di valutazione che prevede l'assegnazione di un bonus ai docenti meritevoli è sì composto da docenti e genitori che individuano i criteri della valutazione stessa, ma la decisione finale su chi debba essere il destinatario spetta al Dirigente scolastico (alla faccia dell'obiezione «non esiste alcun preside-sceriffo»), con conseguente rischio che il riconoscimento vada a chi si presta a svolgere per lui mansioni e incarichi di referente, come spesso accade. Problema n° 2, che sorge all'esclamazione «Beh, ma c'è il bonus dei 500 euro». Ma questo bonus, destinato a coprire le spese di formazione che qualsiasi docente coscienzioso sostiene (basti pensare all'acquisto di libri aggiornati) è un'elemosina a scopo propagandistico che stende un bel tappeto sul problema del mancato rinnovo dei contratti del settore pubblico, bloccato da anni e fortemente voluto da quei sindacati di cui il governo ignora sistematicamente la presenza. Il bonus, inoltre, è destinato ai soli docenti di ruolo, come se i docenti con incarico annuale non avessero bisogno di corsi di perfezionamento o di acquistare i libri utili alla preparazione delle lezioni e all'aggiornamento metodologico. 
I precari, inoltre, sono doppiamente beffati dalla pubblica convinzione di questa gratifica, dato che molti di loro sono attualmente assunti con nomina 'fino ad avente diritto', cioè fino alla pubblicazione delle graduatorie di diritto al servizio aggiornate, prevista per.... due settimane fa. Invece le supplenze vengono ancor assegnate fino ad avente diritto. L'aggiornamento delle graduatorie prevede, principalmente, l'inserimento del personale che ha conseguito l'abilitazione nell'ultimo anno grazie ai Percorsi abilitanti speciali (PAS) o al Tirocinio formativo attivo (TFA), in modo che i neoabilitati abbiano la precedenza sui non abilitati. Va da sé che supplenze assegnate fino ad avente diritto impediscono l'effettivo riconoscimento della precedenza o, comunque, non lo garantiscono anche laddove i singoli dirigenti abbiano attribuito priorità per autocertificazione. Questa precarietà ha ovviamente pesanti ricadute non solo sull'esistenza dei singoli docenti, ma anche sulla qualità dell'insegnamento, dato che gli studenti, alle soglie delle vacanze di Natale e dopo tre mesi di attività, saranno costretti a ricominciare quasi tutto da zero con nuovi docenti in più discipline. 
Si dirà che, comunque, diversi insegnanti, anche molto giovani come la sottoscritta, stanno lavorando, e per giunta con incarichi assunti con l'inizio dell'anno scolastico. Certamente, peccato che da tutta Italia arrivi la notizia (che posso confermare per esperienza personale) che quasi tutti questi supplenti fino ad avente diritto sono senza stipendio dal momento in cui hanno firmato il contratto e che i cedolini non risultano nemmeno in elaborazione sul portale della Pubblica amministrazione. 
Se aggiungiamo il fatto che molti supplenti si sono trasferiti in città diverse per poter assumere servizio e devono cercare casa non sapendo fino a quando possono sottoscrivere un contratto di affitto, il livello del disagio è facile da intuire. Senza contare che a nessuno è concesso pagare le bollette fino ad avente diritto e che, come tutte le tasse, anche la tassa di iscrizione ai corsi abilitanti (che andava dai 2500 ai 3000 euro) andava pagata entro la data stabilita, e non certo due mesi dopo. La scuola sta funzionando grazie al volontariato di una categoria di docenti che non gode nemmeno del minimo riconoscimento costituito dallo stipendio.

Sono solo alcuni degli aspetti della Legge 107 che meritano attenzione, oscurati dai colori e dalle belle parole del logo della 'Buona scuola' e della pagina social abbinata in cui il governo ha dato l'illusione di poter proporre modifiche e suggerimenti attraverso commenti e 'mi piace'.
Queste sono le riforme ai tempi di Twitter: slogan brevi e accattivanti che coprono il vuoto, celano insulti ai professionisti e, naturalmente, erodono qualsiasi possibilità di azione didattica, portandoci sempre più verso la costruzione di una scuola-azienda in cui la qualità del lavoro e del prodotto finito non conta più niente.

C.M.

Commenti

  1. Ciao Cristina, come al solito hai scritto un articolo molto esauriente. Mi dispiace vedere che il tuo entusiasmo di poche settimane fa per l'assunzione dell'incarico sia stato smorzato da una rabbia assolutamente lecita.
    Il pantano in cui è immerso il mondo della scuola diventa di governo in governo sempre meno guadabile. Sono stata fin da subito contraria a questa cosiddetta buona scuola, ai tempi della maxi chiamata di docenti di qualche mese fa mi è sembrato di poter intravedere qualche luce di speranza (pur nella consapevolezza, come tu scrivi, che la cosa è avvenuta solo grazie all'intervento dell'UE), ora le tue parole mi fanno capire come lo stagno sia rimasto e sia destinato a rimanere (almeno nel futuro immediato) fermo.

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    1. La mia rabbia non è tanto (o non è solo) legata alla mia situazione e a quella di tanti colleghi, quanto al fatto che esternamente tutte queste storture non vengano affatto percepite o, anzi, siano del tutto lavate via dai proclami. I cittadini non arriveranno mai a domandarsi come stiano realmente le cose e che ricadute abbia tutta questa precarietà sui loro figli, dalla gita che scompare perché alcuni docenti - finalmente - cominciano a rifiutare impegni extra in mancanza del riconoscimento degli ordinari, fino alla sostituzione in corsa di maestri e professori. Non ci si porrà mai il problema perché, osservando da fuori, la scuola sembra in perfetta salute. Non finirò mai di esprimere tutto il mio disappunto per un sistema di "informazione" che si fa megafono degli slogan dei vari governi o insegue lo scoop finché può creare scompiglio, per lasciare in ombra i problemi reali e gli strascichi degli scandali. Mi risulta che di questa ignominia abbia parlato solo il notiziario di una nota rete che non gode certo delle simpatie del Twitter-governo...

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    2. Quello che dici a proposito del sistema dell'informazione è purtroppo la sacrosanta verità e riguarda questo come tanti altri temi. Complimenti sia per la chiara esposizione delle principali criticità che emergono dalla riforma sia per la consapevolezza che dimostri nell'ultimo passaggio e che davvero pochi possiedono a proposito del nulla compresso celato abilmente dietro slogan e tweet di un Governo senza dubbio tra i peggiori della nostra Storia (se non il peggiore in assoluto). Il fatto è che senza una Informazione seria ed equilibrata che sia in grado di analizzare le questioni e di riportare fatti e contenuti oltre alle dichiarazioni dei politici, qualunque discussione si riduce ad un confronto tra tifosi. Sottolinei opportunamente alcune giuste rivendicazioni dei sindacati sul tema degli adeguamenti contrattuali e salariali dei dipendenti pubblici: peccato che i sindacati godano (anche, lo ammetto, per alcune colpe loro) di "cattiva stampa" a prescindere e che i dipendenti pubblici siano da tempo nell'occhio del ciclone a causa di una campagna mediatica montata ad arte contro di loro (vedi i casi Colosseo, Sanremo ecc.). La verità è che al potere c'è una elite economica e finanziaria (di cui Renzi è solo un esecutore materiale) che ci impone una visione iperliberista e privatistica dello Stato, nonostante essa abbia già fallito altrove come la crisi del 2010 ha ampiamente dimostrato. La cosa grave è che i mass media, con pochissime eccezioni, sono parte integrante di questo sistema. In un contesto così deprimente non possiamo far altro che alzare le nostre voci fuori dal coro e sperare che la tendenza si inverta il prima possibile e che qualcuno rifletta più attentamente nelle urne senza aspettare le conseguenze delle sue scelte per poi lamentarsene a babbo morto.

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    3. Hai ragione, esiste una manipolazione dei dati che, non a caso, pone sempre l'Italia in posizioni non certo lusinghiere nelle classifiche sulla libertà e l'obiettività dei media. Aggiungo che questi media spesso si imbavagliano da soli e che, purtroppo, nell'era dell'informazione, in cui quasi tutti dispongono di un accesso alla rete e ai social che li pone nella condizone virtuale di sapere tutto, di saperlo direttamente dagli interessati e di confrontare tanti dati diversi, la maggior parte delle persone è disposta a bersi qualsiasi falsità.

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  2. Sono argomenti che mi fanno infuriare.
    Il modello presentato per la scuola è ampiamente diffuso in qualsiasi attività di tipo culturale: sei laureato in materie umanistiche ti devi fare il mazzo tanto. Quasi si dovesse espiare un peccato per non aver declinato sulle tante salvifiche scienze.
    Il problema è anche questo: la competizione tra discipline di uguale importanza.
    Che poi un medico o un politico non sappia usare la punteggiatura è un argomento che non interessa a pochi.
    Forse ho divagato sulla questione.

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    1. In realtà questo problema coinvolge anche colleghi di area scientifica: i professori di matematica e fisica sono piuttosto richiesti, ma "posti vacanti" non significa né assunzione né stipendio. Per nessuno.
      Che poi ci si aspetti che certe categorie lavorino gratuitamente, nutrendosi di passione e rispondendo ad una vocazione, hai ragione: il mondo della cultura vive di volontariato, sacrifici ed extra non riconosciuti.
      In generale, però, c'è stato, negli ultimi anni, un deprezzamento della professionalità e l'abbadono del rispetto dovuto a qualsiasi lavoratore: il sistema di pensiero attuale prevede che uno debba essere grato per il semplice fatto di avere un posto di lavoro, indipendentemente dal fatto di essere o meno pagato o da quanto viene pagato, dai diritti di cui gode e dalle aspettative di vita che attraverso quel lavoro può ottenere. Non lamentarti e ringrazia, se ti arriva il beneficio della busta paga: questo dicono i datori di lavoro (a partire dallo Stato).

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