Nel mondo del Furioso: la mostra ferrarese

Nel 1516 Ludovico Ariosto licenziava la prima stesura dell'Orlando Furioso, poema che raccoglieva l'eredità della grande poesia classica, le suggestioni dei poemi cavallereschi d'Oltralpe e i fermenti della prima letteratura in lingua volgare. Ferrara ha voluto celebrare i cinquecento anni del poema con una mostra grandiosa a Palazzo Diamanti: dal 24 settembre e ancora fino al 29 gennaio (grazie alla proroga che ha spostato il termine originario dell'8 gennaio) lo storico edificio ospita Orlando Furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, un percorso che coniuga evidenze letterarie, pittura e storia.

Olifante detto 'Corno di Orlando' (XI sec.);
sullo sfondo un arazzo con la battaglia di Roncisvalle (1475-1400)

La missione che Fondazione Ferrara Arte e il MiBACT si sono posti, affidandosi a Guido Beltramini e Alfonso Tura, coadiuvati da un nutrito comitato scientifico, è estremamente ambiziosa e decisamente originale: unendo ad una puntuale analisi letteraria manufatti, arazzi, edizioni cinquecentine a stampa e manoscritti, carte geografiche e dipinti provenienti dal British Museum, dalla Galleria degli Uffizi, dalla Biblioteca apostolica vaticana, dal Museo Nacional del Prado e da tantissime altre collezioni, il percorso trasporta il visitatore nel mondo del Furioso, alla ricerca delle suggestioni subite dal suo autore durante la scrittura della sua opera.
Nella penombra delle sale, le opere si stagliano vivide come le sequenze narrative del poema che si espandono nell'entrelacement: nelle sale ci si muove come nell'intricato labirinto nel quale vagano, errando ora per amore, ora per follia, ora per desiderio di gloria, i paladini di Ariosto e le donne che popolano assieme a loro l'Orlando Furioso e tutti i suoi modelli, più o meno espliciti. 

Armatura da giostra e da battaglia (1510-1515)

Le teche di cristallo riproducono gli alberi di una selva, intrappolando gli oggetti degli eroi: spade ed elmi, oggetto della loro frenetica ricerca, ma anche un corno d'avorio nel quale si è voluto riconoscere l'Olifante con cui Orlando, nella Chanson de Roland, lancia il suo grido d'allarme. Forme d'altri tempi invadono lo spazio, facendo apparire di fronte al visitatore scene di guerra immortalate nei variopinti arazzi della mitica battaglia di Roncisvalle e della battaglia di Pavia, contemporanea all'autore, che mette in luce la cattura di Francesco I di Francia, la cui spada giace idealmente ai piedi del vincitore Carlo V. 
I volti del Gattamelata ritratto da Giorgione o di una Venere botticelliana rappresentano gli eroi e le bellezze eteree delle donne, gli elmi elaborati della terracotta invetriata della scuola di Andrea della Robbia o il bozzetto di Marco Zoppo con profilo di donna guerriera ricordano gli elaborati elmi di Marfisa e degli altri guerrieri. Il pavimento si riveste di metallo quando ci accostiamo alla luna che sormontava un obelisco vaticano e osserviamo il profilo luminoso che essa proietta sulle pareti.

La spada di Francesco I di Francia;
sullo sfondo un arazzo con la battaglia di Pavia (1528-1531)

La raffinata allegoria della Minerva che scaccia i vizi dal giardino delle virtù di Andrea Mantegna, l'epica tavola di Piero di Cosimo con la Liberazione di Andromeda e il sortilegio del labirinto nel Teseo e il Minotauro del Maestro dei cassoni Campana riverberano nelle sale tutto lo splendore e la varietà dell'universo creato da Ludovico Ariosto, facendo per qualche istante perdere la cognizione del tempo e dello spazio e creando ponti che si inarcano fra l'antichità, il Medioevo, l'età moderna e il nostro millennio e che uniscono culture di ogni parte del mondo, se è vero come è vero che anche le scoperte geografiche del XV secolo, sintetizzate nella prodigiosa Carta del Cantino, hanno contribuito all'ampliamento degli orizzonti e degli apporti fantasiosi ed esotici alla narrazione ariostea.  
Orlando Furioso 500 anni è una macchina del tempo, un tempio in cui si incontrano i modelli classici cui attinse Ariosto, portati in mostra in forma di voluminosi manoscritti (un tesoro nella mostra è il codice delle tragedie di Seneca, significativamente aperto su un'immagine dell'Hercules furens), e coloro che lessero e apprezzarono il poema, da Niccolò Machiavelli a Miguel de Cervantes, che dell'autore reggiano è un fervente estimatore.

Bottega di Andrea della Robbia, Scipione l'Africano (inizio XVI secolo)

Nelle sale di Palazzo Diamanti si dipana dunque un racconto di racconti, una miscela di arti diverse, nonché un dialogo fra persone reali e personaggi di fantasia e un'ammirevole prova di filologia dell'immaginazione: la mostra rende piena giustizia ad un poema per cui è appena scoccato il mezzo millennio, ma che si rivela ancora straordinariamente attuale, con i suoi eroi smarriti, con il suo avvertimento a non lasciarsi andare al vizio e alla vanità, con il suo appello alla celebrazione continua e instancabile dell'armonia e della bellezza, che per l'Ariosto erano sintetizzati nella cavalleria, un'istituzione mitica che già nel suo tempo andava perdendo consistenza e si affermava come una dimensione idilliaca fra le tante che gli uomini hanno ricondotto ad un passato irrecuperabile.

C.M.

Commenti

  1. Bel percorso!
    Posso offrirti la colonna sonora?
    "Nel profondo cieco mondo", Vivaldi

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    1. Non sapevo che Vivaldi ne avesse tratto un'opera... e che cosa curiosa che l'unica parte maschile affidata ad un interprete maschio sia quella di Astolfo! Grazie di questo arricchimento!

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  2. Che meraviglia! Mi spiace molto essermela persa, ma il tuo post è un buon palliativo :)

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    1. Ho rischiato di perderla anch'io per il continuo rimandare... se fossi andata prima avrei potuto organizzare una visita per la mia classe, che avrebbe avuto la migliore delle introduzioni al fantastico mondo di Ariosto! Se ti interessa, il catalogo è fatto molto bene e può colmare la mancata esperienza! :)

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