Comunque vada, sarà polemica: riflessioni all'indomani della prima prova di Maturità

Dieci anni fa affrontavo l'Esame di Stato di Maturità da studentessa, oggi lo affronto da Commissario. Il decennio trascorso mi ha dato modo di notare il continuo accumulo di polemiche e distorsioni in merito alla prima prova scritta, che, come è noto, è il tema di Italiano. Sono state contestate le tracce nel complesso (talvolta a ragione), si sono scatenate previsioni puntualmente disattese sugli autori protagonisti dell'analisi del testo con conseguente indignazione per lo scartato e il prescelto, si sono fatte grottesche rassegne-stampa sui documenti della tipologia B, si è detto che i temi generali erano troppo specifici o troppo vaghi. Francamente, questo fiorire di discorsi mi sembra sia sempre più effervescente e creato su misura per far rimbalzare nel web qualche commento sommario. Sì, perché spesso si parla dell'Esame di Stato e di ciò che dovrebbe testare senza andare oltre una reazione superficiale e talvolta piuttosto rozza di fronte ad una traccia gradita o non gradita.

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Ieri, prima ancora che i ragazzi consegnassero le loro prove al termine di sei intense ore di lavoro, l'opinione pubblica era a conoscenza del generico contenuto delle tracce e la stampa già iniziava a giudicarle inadeguate. Nel profluvio di polemiche sulla scelta della poesia per la tipologia A (Versicoli quasi ecologici di Giorgio Caproni), dei documenti della tipologia B e dell'argomento del tema storico di tipologia C, sarebbe stato bello che prima o a fianco delle opinioni dei giornalisti fossero richieste quelle dei docenti e degli alunni e che si esprimessero giudizi nel quadro della situazione scolastica contingente.
Perché Giorgio Caproni sarà anche meno noto di Montale, ma non per questo si deve ritenere meno importante a fini formativi. E perché quest'anno, a differenza di sessioni passate, il problema dello studente poteva essere quello di scegliere la proposta di scrittura fra sette tracce interessanti e stimolanti e non quello di individuare la meno peggio. La scuola odierna, a parole, ha fatto propria la conquista di porre l'alunno al centro del proprio percorso di formazione e di adattare le proposte di apprendimento alle necessità e alla dimensione reale in cui è calato l'allievo, tuttavia lo spazio in cui i programmi incontrano l'individuo sono veramente difficili da ricavare: le Indicazioni nazionali e ciò cui si riferiscono, almeno scorrendo le sezioni relative agli insegnamenti di Lingua e letteratura italiana e Storia (materie principalmente coinvolte nella prima prova) e i ragazzi di oggi parlano linguaggi diversi ed è una sfida quotidiana portare avanti proposte didattiche che coniughino il rispetto delle direttive ministeriali e della cultura tradizionale (che non deve essere persa) con questa necessità di attualizzazione e avvicinamento. Non è un'operazione impossibile, ma molto complessa e per la quale sarebbero necessari anche cambiamenti strutturali... ma questo è un altro discorso. Il punto è che quest'anno le tracce ministeriali hanno offerto ai maturandi delle proposte di riflessione su questioni attuali, riuscendo a coinvolgerli in trattazioni multidisciplinari.
Ho letto su Internazionale un articolo di Christian Raimo nel quale viene contestata in primis la scelta di Caproni, autore «che praticamente nessun insegnante tratta» e, in particolare, di un testo «non particolarmente significativo né da un punto di vista formale né all’interno della produzione caproniana. Simile è il parere espresso su Il fatto quotidiano da Manlio Lilli, che afferma che, proponendo un autore che non viene studiato a scuola, il MIUR dimostra di non conoscere la scuola e il suo funzionamento (sarebbe stato bello che la stampa si interessasse di quanto il ministero conosca il lavoro scolastico anche al tempo delle assurdità richieste agli aspiranti docenti al concorso 2016, quando, invece, era troppo presa dal giudicare ignoranti i candidati, ma andiamo oltre); nel suo articolo, Lilli riporta il contenuto di un post pubblicato su facebook da Beatrice Dondi, che di mestiere fa la giornalista ma «conosce bene la realtà per motivi professionali e familiari». L'illuminante contenuto del post, la cui autorevolezza, evidentemente, non è minimamente compromessa dal fatto che chi lo ha scritto non sia un docente che quotidianamente lavora con i ragazzi, è il seguente:
Giorgio Caproni, impagabile traduttore proustiano, verrà interpretato dagli studenti come un’amplificazione dell’insulto di Sgarbi.
Si dà evidentemente per scontato che gli studenti siano una massa di ignoranti il cui orizzonte culturale è costituito proprio dalle trasmissioni in cui Sgarbi urla il suo famoso intercalare. Ebbene, trovo questa mancanza di fiducia e questa leggerezza quasi offensive per i maturandi che stanno affrontando in questi giorni le prove. Insomma, gli interventi che si leggono in queste ore anche nelle testate dei giornali sembrano la versione più raffinata del commento popolare che rimbalza nei social: «Ma Caproni chi?».
Vero è che questo autore viene marginalizzato nella trattazione scolastica, ma il fatto che non compaia nella maggior parte dei programmi svolti in quinta non significa che un autore non debba rientrare fra le proposte dell'esame di Stato. Questo è quanto prevedono le Indicazioni nazionali dei Licei in merito a poeti considerati coevi ad altre esperienze più incisive:
Dentro il secolo XX e fino alle soglie dell’attuale, il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un’adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, …).
Nell'ambito dell'autonomia e della libertà di insegnamento legalmente riconosciute, ciascun docente è chiamato a tradurre questa indicazione di massima in una scelta: non gli viene concesso di saltare Ungaretti, Saba e Montale, ma può operare, a discrezione, delle selezioni da autori contemporanei, fra i quali, come si può notare, compare anche Caproni, comunque incluso in qualsiasi buon manuale.
Negli ultimi anni si è rafforzata la tendenza a proporre autori che, generalmente, non si studiano né fanno parte delle scelte di lettura condivise (Magris, Eco, Caproni stesso, se ammettiamo che spesso non lo si affronti), ma non bisogna dimenticare che la tipologia di scrittura A è genericamente un'analisi del testo, non di un testo letterario o scritto da un grande autore noto a tutti e che potrebbe anche trattarsi di un articolo di giornale o di una pagina di un saggio sulla diffusione dei social network o, perché no, del famoso discorso di Steve Jobs «Stay hungry. Stay foolish». Lo studente che affronta il tema di tipologia A è invitato ad analizzare un testo (neanche necessariamente scritto), indipendentemente dal fatto che possieda conoscenze tecniche sull'autore e sul suo contesto, ma cercando di ricavare tutte le informazioni di cui ha bisogno dal contenuto, dallo stile e da inferenze culturali, oltre che elaborando un pensiero critico. 
Dunque né il ministero ha sbagliato a proporre un autore 'che non si studia' né sbagliano gli insegnanti a non far studiare ciò che sembra si aspetti ultimamente il ministero, perché la competenza di analisi testuale non è immanente, legata a quell'autore o a quel testo, ma è trasversale e dinamica. Del resto, prima di lamentarsi del fatto che Caproni non si studi e dedurre quindi che sia il primo scribacchino che passa per strada, sarebbe bene chiedersi come sia possibile, in una scuola in cui le già citate Indicazioni prescrivono che il quinto anno sia dedicato allo studio della letteratura che va da Leopardi al Postmoderno (l'espressione ministeriale è, come abbiamo visto, «fino alle soglie dell’attuale»), studiare dettagliatamente tutti gli autori. Lo stesso dicasi per la Storia e quindi in risposta alle polemiche sul tema storico di tipologia C, incentrato sul recentissimo tema del miracolo economico, perché è vero che bisognerebbero studiare anche gli eventi e i fenomeni degli ultimi decenni, ma la scansione dei programmi scolastici non lo permette: il quinto anno, sia per la Storia che per la Letteratura, dovrebbe poter essere dedicato interamente al XX secolo per poterlo trattare, in tutto il suo svolgimento, con l'attenzione che merita. En passant, Giorgio Caproni compare in molte antologie del primo biennio superiore e non è che l'esame di quinta sia il coronamento del solo quinto anno. 
Per avere une elemento in più di valutazione dell'adeguatezza della prova di ieri, prendiamo come pietra di paragone proprio l'esame di Stato del 2007: il testo proposto era un estratto del canto XI del Paradiso, incentrato su San Francesco, un canto che si legge e commenta dettagliatamente in tutti i licei (o quasi) e sul quale, di conseguenza, moltissimi studenti avrebbero potuto lanciarsi senza troppi problemi, se non fosse stato per la domanda di approfondimento, dedicata alla predicazione da parte degli ordini minori e all'iconografia del Santo... una riflessione decisamente poco personalizzabile e per nulla vicina alla sensibilità di un adolescente. Il testo di Caproni di questa Maturità 2017, invece, è non solo molto diretto e attuale, ma anche adatto a sollecitare la riflessione sul rapporto fra l'agire umano e l'ambiente, oltre che a stabilire una sintonia con le nuove generazioni: quella che in queste ore è stata scambiata per banalità, è in realtà la cifra distintiva di Caproni e, se non vogliamo farci bastare la testimonianza del suo allievo e amico Antonio Debenedetti, che potrebbe anche essere influenzato dall'affetto quando dice che Caproni «è stato un maestro vicino ai giovani e alla loro sensibilità», vediamo come si parla del poeta nel manuale di letteratura supervisionato da Romano Luperini:
La poesia non deve tornare verso la vita fingendo di non essere letteratura, ma incarnando un tipo di letteratura che possa appartenere alla vita di tutti, che tutti possano riconoscere e sentire propria: e questa aspirazione (in cui si riconosce l'influenza di Saba) spiega il carattere semplice, e appunto popolare, delle forme di Caproni. Ciò che egli rifiuta è piuttosto la ricerca formale intellettualistica e raffinata, che gli pare un'astrazione fine a se stessa, lontana dalla realtà concreta, e perciò in qualche modo colpevole.
Ecco, trovo alquanto grottesco che, come sta accadendo ormai da 24 ore, persone che non hanno la minima idea di chi sia Giorgio Caproni e di quale genere di poesia sia rappresentante sostengano che la poesia scelta per la prova di maturità sia inadeguata, come a dire che ci si debba adeguare alla cultura delle masse e limitarsi ai pochi autori noti piuttosto che proporre agli studenti dei riferimenti alternativi ed esortarli a mettere alla prova le proprie competenze (maturate, ad esempio, sul Saba cui Caproni guada) su terreni nuovi. 
Anche i quesiti e dunque gli aspetti su cui i ragazzi dovevano concentrarsi sono risultati inopportuni, perché porterebbero ad esprimere delle riflessioni scontate. Mi vien da dire che saranno sempre meno ovvie di quelle di cui ci dilettano coloro che oggi si lanciano nelle Filippiche contro la prima prova. Negli anni scorsi molti maturandi evitavano l'analisi del testo per l'eccessivo grado di tecnicismi, che la rendeva quasi inaccessibile al di fuori dei licei, dove lo studio della letteratura è, generalmente, più approfondito e attento a questioni stilistiche e retoriche; ieri, invece, è stato proposto un testo piano, semplice, essenziale, che forse proprio la mancanza di sovrastrutture critiche indotte dai manuali, unita alla stringente urgenza del tema, ha reso meno distante: è così vergognoso proporre ai ragazzi un'idea di poesia che sia per loro più vicina rispetto a La pioggia nel pineto? O dobbiamo continuare a proporre solo testi criptici sui quali debbano sudare per comprendere gli accorgimenti retorici senza magari interiorizzare in alcun modo il messaggio? Sia chiaro, non sto proponendo di abolire d'Annunzio né caldeggiando la possibilità che ad ogni maturità siano proposte solo ed esclusivamente analisi di autori di più facile comprensione, ma penso che, forse, dovremmo ampliare la nostra idea di letteratura, comprendendo che 'più vicino' o 'immediato' non significano 'scadente'... del resto lo stesso Montale, che tanti attendevano ieri, ha sostenuto che, per poter sopravvivere nella società di massa, la poesia deve mutare profondamente le sue caratteristiche. Insomma, finalmente una proposta che non ha obbligato a citare contenuti e letture critiche già sentite e ipse dixit e ha permesso ai ragazzi di tirar fuori letture personali del testo: ancorché banali (ma attenzione, ché dire 'banale' del pensiero comunque personale di un adolescente la dice lunga sulla considerazione che si ha delle capacità dei giovani), saranno comunque riflessioni scaturite dalla diretta lettura delle parole dell'autore. Per lo stesso motivo quattro anni fa appoggiavo la considerazione di Valeria Sirabella secondo cui il tema è «uno spazio mentale dove non conta tanto quello che si sa ma quello che si pensa», in opposizione all'idea di Alberto Alesina che auspicava il rimpiazzo del tema di maturità con un macro-saggio su una lettura precedentemente assegnata.
In aggiunta alle critiche mosse alla traccia di tipologia A, ci sono state quelle relative ai documenti della tipologia B, cioè la scrittura documentata (in forma di saggio breve o articolo di giornale). Ciò che Raimo sostiene è che i documenti fossero pochi e poco autorevoli, perché presi da riviste non specialistiche e non da articoli accademici e che fossero troppo pochi. Le ragioni per cui a me questa scelta non sembra negativa derivano dall'osservazione diretta del lavoro degli alunni e sono principalmente due.
Una prima considerazione, più articolata, riguarda la natura delle fonti sulla base dei quali gli studenti devono costruire la loro argomentazione: ai pochi documenti citati nell'articolo di Internazionale voglio aggiungere che la proposta di ambito artistico-letterario La natura tra minaccia e idillio nell'arte e nella letteratura era interamente costruita su documenti letterari o iconografici molto autorevoli (Turner e Pellizza da Volpedo per la pittura, Leopardi, Pascoli, Montale e Foscolo per la letteratura), che uno dei documenti della traccia di ambito storico-politico Disastri e ricostruzione è un saggio (di Machiavelli, ma sempre di saggio si parla, anzi, di quel grande trattato che è Il Principe), che nella traccia di ambito tecnico-scientifico Robotica e futuro tra istruzione, ricerca e mondo del lavoro si affiancano ad un documento tratto da Il sole 24 ore un testo elaborato dalla Scuola Universitaria Superiore Sant'Anna di Pisa (poco importa se pubblicato nel web e non in un voluminoso libro per poche tasche o per soli addetti ai lavori) e un intervento tratto dal sito web di INDIRE, che non è proprio la prima organizzazione che capita bensì l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, fondamentale per il mondo dell'istruzione di cui si parla nella traccia stessa; infine non c'è bisogno di sdegnarsi del fatto che i tre documenti della traccia di ambito socio-economico siano tutte estratti di periodici a stampa o online, perché la particolarità di questo settore di scrittura è proprio quella di elaborare un quadro di fenomeni sociali ed economici con uno sguardo all'attualità e alla comunicazione che non deve escludere ma inglobare i media: gli studenti avevano tutte le opportunità per arricchire la trattazione con riferimenti alla meccanizzazione che hanno studiato come fenomeni storici dall'Ottocento in avanti o approfondito anche da un punto di vista pluridisciplinare, senza bisogno di vedersi imboccare ogni considerazione da esperti esterni che hanno scritto ponderosi tomi che nessuno di loro mai leggerà. A tal proposito, ricordiamo che i ragazzi si documentano proprio attraverso queste fonti di primaria reperibilità e che all'interno degli istituti si promuove, più o meno regolarmente, un'attività di lettura, commento e critica dei contenuti dei quotidiani. 
Quanto alla quantità dei documenti, invece, posso dire di essere rimasta io stessa inizialmente spiazzata dalla presenza di soli tre contributi per i tre ambiti più caldi (socio-economico, storico-politico e tecnico-scientifico), al confronto dei quali la traccia di ordine generale (D) sul progresso era tanto lunga da essere quasi sproporzionata. Poi, però, ho pensato che il maggior problema con i temi di tipologia B, siano essi saggi brevi o articoli di giornale, è la tendenza degli allievi a rifugiarsi nelle citazioni, riportando pensieri già espressi da altri per la fatica o la paura di esprimere una tesi propria: vedendo all'opera questi giovani scrittori ormai da qualche anno e confrontandomi con i colleghi, ho potuto notare che l'abbondanza di documenti è per molti di loro una fonte di sollievo perché permette di attuare dei collage più o meno mascherati senza far emergere un'idea del tutto personale. Ecco perché non direi che pochi documenti corrispondano a fuffa negli elaborati, per lo stesso motivo per cui non conoscere Caproni permette di non avere troppi condizionamenti superiori: a volte, per fare emergere un pensiero personale è necessario eliminare i paratesti, le auctoritates, i commenti di questo o quel professore... e lasciare che, finalmente, la reale competenza esca fuori e renda il tema un vero e proprio momento di affermazione dell'essere che apprende e usa ciò che sa in relazione a ciò che è.

C.M.

Commenti

  1. Ho letto anche io l'articolo di Raimo e non mi è piaciuto per niente, mi è sembrato di un qualunquismo esagerato. Però, ahimè, devo correggerti: è un insegnante di storia e filosofia a Roma.
    P.S. Anche se ha poco a che fare con le tue condivisibilissime considerazioni, io avrei amato svolgere il saggio breve di storia! Diversamente da quanto pensi (o gridi) qualcuno quei decenni la mia classe li ha abbondantemente studiati, essendo arrivati fino all'uccisione di Aldo Moro.

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    1. Grazie per avermi segnalato l'errore: intervengo con la dovuta correzione; tuttavia, se possibile, che proprio un docente sia arrivato ad impugnare l'argomento del "non si fa a scuola" per delegittimare la scelta della traccia mi sconforta ancor di più.
      Quanto allo svolgimento del programma di storia, anche se non abbondantemente, ma anch'io sono arrivata fino ad Aldo Moro.

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  2. Però! Felicissima di saperti in Commissione, sarai molto brava nella funzione.
    A me è stato chiesto un parere da un'amica che ha la figlia "in balìa della maturità". Letta la poesia di Caproni (non comprendo questo dubbio attorno alla consapevolezza dell'esistenza di questo poeta, anche le antologie delle medie ne riportano diversi esempi), l'ho trovata di una bellezza spiazzante e come te credo che sia stata scelta proprio per offrire agli studenti strumenti in più per l'analisi, visti i temi in essa contenuti.
    In generale, polemiche che puntualmente si ripresentano. Ma per la prima volta, almeno in generale, ho potuto constatare che le scelte non sono state affatto cattive.

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    1. Sono d'accordo: dopo certe proposte assurde o addirittura noiose, finalmente proposte in cui tutti potevano trovare qualcosa da dire. Del resto, anche ammettendo che fossero percorsi scontati, ciascun alunno aveva la possibilità di investire eventuali conoscenze personali per arricchire e rimpolpare le argomentazioni e distinguere un lavoro buono da uno eccellente.

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